IL PERSONAGGIOROMA Gianni Agnelli subiva il fascino degli uomini forti, come Lama, Berlinguer, Craxi. Berlusconi lo incuriosiva, ma niente di più. Mentre Sergio Marchionne di...
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ROMA Gianni Agnelli subiva il fascino degli uomini forti, come Lama, Berlinguer, Craxi. Berlusconi lo incuriosiva, ma niente di più. Mentre Sergio Marchionne di passione politica ne ha avuta una soltanto: Renzi. E lo ha sempre ammesso: «Con Renzi, l'Italia ha fatto progressi straordinari. In tutti questi anni non ho mai visto qualcuno con la determinazione e l'intensità che sta mettendo lui in favore di questo Paese». Elogi così, in continuazione. Poi però, piano piano, dall'indomani del referendum costituzionale, il progressivo distacco del manager italo-canadese da quello che gli sembrava l'uomo della Provvidenza. Un mese fa: «Renzi ha perso qualcosa da quando non è più premier». Ieri: «Renzi mi è sempre piaciuto come persona. Quel Renzi che appoggiavo però non l'ho più visto. Quello che gli è successo non lo capisco».
È più facile del resto capire ciò che succede intorno a Renzi, e che coinvolge anche Marchionne, fan renzista ormai pentito e dato in avvicinamento a Berlusconi. È accaduto che il potere è un saliscendi, come si sa. Quando sali, sei in larga compagnia. Quando scendi, la folla si dirada. E in questo caso, c'è un doppio particolare che spiega la disaffezione che, dopo tanti altri, sembra aver colpito anche il numero uno di Fca. Da una parte ci sono i sondaggi in cui il Pd viene dato perdente, e dall'altra c'è Marchionne che all'inizio di dicembre aveva detto: «Non so neanche se Renzi si ricandidi, mi sembra che Berlusconi invece si ripresenti. Noi siamo filo-governativi. Vorrei qualcuno che gestisca il Paese e una tranquillità economica nel contesto in cui operiamo. Sono cose essenziali». L'inessenziale a questo punto è diventato l'ex idolo.
Mario Ajello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino