Manuel Valls parla ancora di «guerra», di «scontro di civiltà»,

Manuel Valls parla ancora di «guerra», di «scontro di civiltà»,
Manuel Valls parla ancora di «guerra», di «scontro di civiltà», di «minaccia grave», di «tutti i servizi dello stato mobilitati», ma nei locali della polizia giudiziaria...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Manuel Valls parla ancora di «guerra», di «scontro di civiltà», di «minaccia grave», di «tutti i servizi dello stato mobilitati», ma nei locali della polizia giudiziaria di Lione la verità su Yassin Salhi fatica a emergere. Salhi ha confessato di aver decapitato il suo capo, Hervé Cornara, ha ammesso che voleva far saltare da kamikaze la Air Products e tutte le sue bombole di idrogeno e acetone, ma non ha spiegato perché ha piazzato due bandiere con la professione di fede islamica attorno alla testa mozzata, perché ha inviato una foto col barbaro trofeo in Siria a un suo vecchio amico, noto ai servizi e arruolato con i jihadisti dell'Isis, né perché ha urlato "Allah Akbar" ai pompieri che lo hanno neutralizzato. Trasferito ieri sera alla sede dell'Antiterrorismo di Levallois Perret, appena fuori Parigi, Salhi non parla di terrorismo, di guerra all'Occidente, di Jihad, ma di problemi con la moglie e di «difficoltà professionali» Spiegazioni che gli inquirenti trovano «confuse».

Una fonte giudiziaria ha ammesso con Le Monde che «lo Stato Islamico non ha rivendicato la sua azione» e che «in genere l'organizzazione terrorista chiede di uccidere poliziotti, militari, ebrei e non imprenditori di piccole o medie imprese». Senza contare che «le due bandiere islamiche ritrovate ai lati della testa di Hervé Cornara riportano frasi della shahada, la professione di fede musulmana, ma non hanno niente a che vedere con l'Isis».
Ieri Salhi è tornato con gli inquirenti nel suo domicilio di Saint Priest, comune dell'hinterland lionese. Per la prima volta, si è intravisto questo uomo alto e robusto, i capelli ricci e neri, forse una barba. Per ora soltanto un portatile, un tablet, un telefono cellulare con alcune memory card sono stati sequestrati, ma niente armi né materiale di propaganda. Nell'auto gli agenti hanno invece recuperato il coltello servito alla decapitazione e una pistola giocattolo, forse usata per minacciare e sequestrare il manager. Nessuna traccia di complici.
Qualche giorno prima dell'attentato, tra Salhi e il suo capo Cornara ci sarebbe stato un piccolo scontro. Quanto basta per giustificare la decapitazione? L'uomo sarebbe stato ucciso e decapitato su un parcheggio, mezz'ora prima dell'arrivo del furgone alla sede dell'Air Products.

Salhi ha evocato anche «problemi con la moglie», che ieri è stara rilasciata dopo due giorni di stato di fermo. Pare invece certo che la foto con la testa sia stata inviata a Sebastien Younes, un francese noto ai servizi francesi che si trova in Siria dal 2014 per combattere con l'Isis. Una vecchia conoscenza dei tempi di Pontarlier, quando Salhi frequentava la «banda di Ali», nome di battaglia di Frederic Jean Salvi, un francese convertito, accusato di aver partecipato ad attentati in Indonesia e ora ricercato dall'Interpol.
© riproduzione riservata Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino