Maggi, il prof de Il Collegio «Faccio didattica a distanza»

Maggi, il prof de Il Collegio «Faccio didattica a distanza»
L'INTERVISTAProprio ora che la scuola si è trasferita in ambiente virtuale dove le tecnologie della comunicazione sono necessarie come l'ossigeno, proprio in questo frangente...

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L'INTERVISTA
Proprio ora che la scuola si è trasferita in ambiente virtuale dove le tecnologie della comunicazione sono necessarie come l'ossigeno, proprio in questo frangente «ci si rende conto che per la didattica lo strumento più inclusivo perché permette a tutti di studiare, è il libro. Perché il libro è economico, a portata di tutti, non richiede connessioni né software o hardware specifici. Il libro è lo strumento che dovremmo valorizzare di più anche per la didattica a distanza». Lo spiega Andrea Maggi, di mestiere insegnante di italiano nelle scuole medie di Sacile (Pordenone) ma soprattutto il prof di italiano nel reality show tv Il Collegio di Rai 2. Romanziere apprezzato, Andrea Maggi ha pubblicato per Piemme un instant book in edizione digitale dal titolo Insegnare ai tempi del Coronavirus. Come fare il professore durante la pandemia. Sono settanta pagine in cui si ripercorrono le settimane di frenesia per l'attivazione della scuola a distanza. «Subito si è rivelata una situazione difficile su più livelli e piani - racconta - Principalmente dal punto di vista emotivo, questa costrizione ha avuto conseguenze molto forti sui ragazzi, abbiamo visto crescere depressioni, ansia, insonnia, inappetenza e soprattutto una forte demotivazione allo studio, cosa che ci spaventa particolarmente».

Come è stato convertire la didattica dalla presenza alla distanza?
«Non era una novità in assoluto, da anni ci sono sperimentazioni portate avanti da alcuni docenti e per gruppi di studenti; oppure se ne faceva ricorso per esempio per studenti costretti a casa o in ospedale per malattie gravi. Ma altra cosa è stato estenderla a tutti i docenti e a tutti gli studenti. Garantire il diritto all'istruzione è stato enorme».
Famiglie e studenti erano pronti?
«Occorre fare un passo in più: gli studenti sono nativi digitali ma ciò non significa siano alfabetizzati dal punto di vista informatico. In più molti di loro si sono ritrovati sguarniti, senza connessione internet stabile ad esempio, o computer. La didattica a distanza è molto impegnativa, i ragazzi hanno bisogno di essere affiancati da genitori che si spera abbiano competenze informatiche, ma non tutti erano pronti. Senza contare che nelle famiglie con magari due figli, entrambi necessitano di un computer per seguire le lezioni così come i loro genitori per lavorare a distanza».
Da questo test di didattica a distanza obbligatoria, cosa ha imparato?
«La centralità del libro, proprio ora. E poi vorrei che la scuola del futuro integrasse questo concetto di ambiente aperto dove collaborano attivamente studenti e docenti, con lo scopo di acquisire conoscenze ma anche le famose soft skills informatiche che per i ragazzi in futuro saranno essenziali visto che dopo questa pandemia sarà necessario inventare nuovi modelli di lavoro ed economici. La didattica a distanza potrebbe essere di grande aiuto anche contro l'abbandono scolastico (ricordo i dati della Cgia di Mestre, che stima siano 600mila gli studenti che lasciano gli studi). Infine, sarà un sogno mazziniano, ma mi piacerebbe si potesse avviare una rete sovranazionale di scuole, immaginando di poter seguire le lezioni dalla propria scuola con docenti e in classi di altri paesi magari più avanzati. Potenzialmente si potrebbe già fare, alcuni software già prevedono la traduzione simultanea».

Valentina Silvestrini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino