Ma l'analisi costi-benefici è «arbitraria» per i tecnici del ministro Toninelli

Ma l'analisi costi-benefici è «arbitraria» per i tecnici del ministro Toninelli
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IL DOCUMENTO
ROMA Il risultato del supplemento di analisi sulla Torino Lione, quello che riguarda solo il tratto italiano, messo a punto dai tecnici del Mit è «arbitrario». Come dire che la bocciatura dell'opera - scritta nero su bianco nel dossier di 10 pagine consegnato al governo ( perché i costi superano i benefici) si basa su dati a dir poco imprecisi, di certo non scientifici. A scriverlo sono proprio i tecnici guidati dal prof Marco Ponti, ovvero Paolo Beria, Alfredo Drufuca, Riccardo Parolin e Francesco Ramella, nella premessa dello studio.

RISULTATO NEGATIVO
Come noto, il rapporto, che si aggiunge al più voluminoso dossier consegnato a febbraio a Palazzo Chigi, si conclude con un risultato negativo per 2,5 miliardi (costi superiori ai benefici). Un dato che il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli ha considerato più che sufficiente per mettere in discussione la tratta e sul quale si è scatenata la polemica tra Lega e 5Stelle. Ma nel documento integrale che il Messaggero ha potuto visionare sono gli stessi tecnici a non credere al verdetto che hanno stilato. Da un lato - è scritto nella premessa - si contesta il metodo, ovvero lo spacchettamento dell'analisi solo per la parte italiana, essendo la Torino-Lione un progetto unico, che va inquadrato quindi in uno scenario europeo. «Quest'ottica - si legge a pagina 2 - ha numerosi limiti, si invita quindi il lettore a considerare i risultati (la bocciatura) per quello che sono, cioè un arbitrario e a volte impreciso taglio degli effetti ad un confine che è esclusivamente amministrativo e non reale per la natura del progetto in esame». Sia come sia i tecnici di Toninelli pur abbattendo di più della metà gli svantaggi economici rispetto alla prima analisi, fanno notare che proseguire avrebbe un impatto negativo di circa 2,5 miliardi. Il motivi del no sono sempre gli stessi: il calo dei traffici non giustifica andare avanti, così come spostare le merci dalla gomma alla ferrovia avrebbe un impatto devastante sulle entrate fiscali, cioè sulle accise legate alla benzina, per 729 milioni, mentre il calo dei pedaggi peserebbe per circa 1,4 miliardi. «Meglio, concludono, stoppare subito l'opera». I tecnici riescono solo ad ammettere che ci sarebbero dei benefici legati al calo della congestione stradale, ma nulla dicono dei risparmi sul fronte energetico e dell'inquinamento ambientale.
Il documento non analizza gli effetti sull'occupazione che, con il blocco dell'opera, altri studi stimano in migliaia di posti di lavoro persi. Confindustria ha parlato di 50 mila posti in fumo. Né ricordano che la Tav consentirebbe un risparmio di tempo del 30% per i passeggeri e del 48% per le merci che viaggiano nel corridoio mediterraneo. Con un incremento del Pil pari all'1,6% entro il 2030.

Umberto Mancini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino