Ma chi assedia l'Europa? Gli europei, non i migranti

Ma chi assedia l'Europa? Gli europei, non i migranti
Suscita sorpresa ritrovare ne "L'assedio", l'ultimo libro di un giornalista autorevole e prudente come Massimo Franco, valutazioni in sintonia con quelle di analisti politicamente...

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Suscita sorpresa ritrovare ne "L'assedio", l'ultimo libro di un giornalista autorevole e prudente come Massimo Franco, valutazioni in sintonia con quelle di analisti politicamente ben più schierati sul "come (dal sottotitolo, ndr) l'immigrazione sta cambiando il volto dell'Europa e la nostra vita quotidiana" (Ed. Mondadori). Franco rifiuta, in sostanza, l'assunto che potrebbe essere suggerito dal suo stesso titolo, e che è caro ai populisti di tutto l'Occidente: c'è un'invasione, e noi ne siamo incolpevoli vittime, costretti a subire pesanti sconvolgimenti nel nostro livello di vita e nel nostro sistema di valori ad opera di milioni di giovanotti sfaccendati in arrivo dall'Africa con le Nike e i telefonini di ultima generazione (copyright a piacere di Salvini & C.), tutti potenziali terroristi islamici.

Per l'autore invece alla radice delle massicce migrazioni attuali (destinate a durare per almeno vent'anni, secondo le proiezioni della Nato, altro che "emergenza"!) ci sono l'eredità del colonialismo, ma anche una lunga serie di colpe ed errori dei paesi occidentali in Africa e nel Medio Oriente; e a minare la stabilità del "Continente perfetto", come l'Europa amava rappresentarsi fino a qualche anno fa, sono in realtà gli stessi europei, che con la giustificazione dell'invasione dei migranti hanno scelto da tempo di sostituire le spinte solidali che erano alla radice della costruzione dell'Unione con muri e barriere, optando per una chiusura identitaria aggressiva e regressiva che danneggia non solo le dinamiche politiche unitarie, ma la stessa economia continentale. Immigrati come capro espiatorio, insomma, e specchietto per le allodole agitato dagli imprenditori politici della paura.
Franco porta a corredo della sua analisi considerazioni ineccepibili, che dovrebbero convincere chiunque (se vivessimo tempi ragionevoli) che da un rilancio dell'unità continentale e da un'accorta gestione dell'immigrazione potrebbero derivare ancora vantaggi economici e sociali: basti citare il massiccio deficit demografico che sta inesorabilmente invecchiando il nostro continente, e che al momento solo gli immigrati possono colmare, oppure lo scarto (tutto a nostro favore) tra il Pil da essi prodotto e le pensioni da essi percepite.

Quello che dati e analisi non riescono a cogliere è perché, al contrario, si diffondono a macchia d'olio, anche nelle tradizionali roccaforti della sinistra, le tesi anti-europeiste e anti-immigrati dei Donald Trump nostrani: il fatto è che ad accaparrarsi i benefici (inequivocabili) dell'immigrazione e del cosmopolitismo sono soprattutto i ceti colti e benestanti (lavoro e assistenza a basso costo, ad esempio), mentre gli altrettanto inequivocabili disagi (concorrenza sul lavoro e nel welfare, convivenza forzata nei quartieri poveri) gravano tutti sulle classi più deboli, i cosiddetti "bianchi poveri" che alimentano tutti i populismi. Solo se si riuscirà a "compensare" in qualche modo i connazionali vittime dell'immigrazione ci sarà qualche chances di invertire una tendenza politica che sta già minando il nostro futuro.
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Il Gazzettino