ROMA - «Una vittoria del no al referendum costituzionale causerebbe caos politico e recessione». Confindustria lancia un avviso ai naviganti. Vede nuvole nere in avvicinamento e...
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Boccia non si limita dunque a prendere posizione e a schierarsi di nuovo e con più forza per il sì ma dal palco dell'assemblea di Federmeccanica lancia un nuovo appello. Un invito che qualcuno interpreta come un'invasione di campo in un territorio non suo. Lo fa rivolgendosi direttamente ai sindacati confederali Cgil-Cisl-Uil con i quali è stato avviato un primo confronto sulla riforma del modello contrattuale.
Lo scenario descritto dal Centro studi di Confindustria è popolato di incognite. La Brexit innanzitutto, ma anche le elezioni Usa e appunto il referendum costituzionale. Tre passaggi che rischiano di minare la risalita dell'economia e «rallentare la dinamica degli scambi globali». In questo quadro d'incertezza, il fallimento del referendum «potrebbe interrompere il recupero intrapreso e far ricadere l'economia italiana in recessione». L'effetto complessivo della vittoria del No per Confindustria è quantificato per il triennio 2017/2019 con un calo dello 0,7% del Pil nel 2017, dell'1,2% nel 2018 e di un ulteriore 0,2% nel 2019. Stime quelle dell'ufficio studi di Cfc affatto o rassicuranti che tengono conto di vari fattori che potrebbero nelle ipotesi più negative seguire a cascata :l'aumento dei rendimenti che l'Italia dovrebbe pagare per piazzare sul mercato i titoli del debito pubblico; la fuga di capitali dal Paese e la caduta di fiducia; il cambio dell'euro svalutato se i capitali in uscita abbandonassero l'area-euro. Marco Gay, presidente dei Giovani imprenditori, a Saint-Vincent. dall'Open innovation Summit 2016, commentando i dati degli analisti di viale dell'Astronomia, insiste sul freno alla crescita che la Brexit potrebbe rappresentare per «un sistema che era tornato a crescere e presentava buone opportunità per il futuro».
Proprio il referendum sarà uno dei temi della direzione Pd convocata da Renzi per lunedì. Ma i dem affronteranno anche la riorganizzazione del partito, la legge elettorale, la sfida che Brexit lancia all'Italia e all'Unione europea. E il nervosismo sarà elevato, soprattutto dopo il sondaggio di Demos secondo cui M5s avrebbe superato il Pd. Uno scenario che sprona la minoranza interna ad incalzare il segretario, e quest'ultimo a accelerare sui temi in agenda. Uno dei leader della minoranza, Roberto Speranza, ha preso spunto proprio dal sondaggio pubblicato da Repubblica per chiedere a Renzi di fare un «mea culpa»: la «sconfitta molto dura, molto pesante» delle amministrative è dipesa da «uno storytelling del Pd e del Palazzo che molto spesso è apparso distante dalla vita quotidiana di tante persone, in particolare dei ceti più popolari». La ricetta? «ripartire dalla questione sociale». Per altro è quanto richiede anche chi minoranza non è, come il vicecapogruppo della Camera Matteo Mauri. Gli esponenti più vicini al leader invitano a ridimensionare il valore del sondaggio: «Chi governa paga sempre qualche prezzo in più rispetto a chi non ha onori di governo», ha detto Graziano Delrio.
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Il Gazzettino