LONDRA - David Cameron finirà sui libri di storia, ma per la ragione sbagliata: essere stato il premier che ha spezzato il rapporto tra il Regno Unito e l'Unione europea,...
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Mettere in atto il verdetto delle urne «richiederà una leadership forte, determinata e impegnata», secondo Cameron, che ha ripercorso le tappe più importanti dei suoi 6 anni alla guida del Paese dal governo di coalizione con i LibDem alla legge sui matrimoni omosessuali e ha difeso la sua decisione di lasciare ai cittadini la possibilità di decidere sull'Unione europea. «Non ho nascosto niente, sono stato assolutamente chiaro sulla mia convinzione che il Regno Unito è più forte, sicuro e agiato all'interno dell'Unione europea e ho detto chiaramente che il referendum era su questo e solo su questo e non sul futuro di qualche politico, me compreso», ha sottolineato il primo ministro, visibilmente provato, con accanto la bella moglie Samantha, nel tentativo di smentire la versione dominante secondo cui l'annuncio del referendum sarebbe stato fatto il 23 gennaio 2013 nel tentativo di placare una eventuale fronda da parte dei Tories euroscettici o, peggio, una loro migrazione di massa verso gli indipendentisti dello Ukip di Nigel Farage, che in quel periodo stavano vivendo una fase di ascesa vertiginosa che, come si è visto giovedì, non si è mai veramente interrotta.
Quale che sia stata la scommessa di Cameron, l'esito di ieri cancella qualunque eventuale guadagno: per rimanere a Downing Street qualche anno in più e ottenere un buon risultato alle elezioni dell'anno scorso, ha permesso che fossero gli euroscettici a condurre il gioco fino al punto di rottura tra Londra e Bruxelles. Per incapacità o per distrazione, David Cameron ha permesso che Londra uscisse dalla Ue. Proprio lui, noto per la sua indifferenza tendente all'antipatia nei confronti dell'Unione europea, si è ritrovato a vivere con Bruxelles il rapporto che più di qualunque altra cosa ha definito i suoi anni da premier, dal veto del dicembre 2011 al nuovo trattato Ue alla rinegoziazione delle condizioni della permanenza del Regno Unito nella Ue fino al consiglio europeo della settimana prossima a cui parteciperà per annunciare e spiegare la tanto temuta Brexit ai colleghi esterrefatti. Lui, che da giovane era convinto che l'argomento togliesse troppo tempo ed energie a dibattiti più fecondi, si è ritrovato nei panni dell'europeista e ora, in nome della stabilità, si è accollato il compito ingrato di accompagnare il Paese attraverso i primi turbolenti mesi del suo nuovo status di aspirante extracomunitario. «Farò tutto il possibile come primo ministro per condurre la nave con mano salda nelle prossime settimane e mesi, ma non penso che sarebbe giusto tentare di essere il capitano che conduce il Paese alla prossima destinazione», ha spiegato, dandosi come termine il congresso dei conservatori di ottobre in cui dovrà essere nominato un successore.
C. Ma
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Il Gazzettino