LO STUDIO BELLUNO La crisi è alle spalle? Così dice il mercato del

LO STUDIO BELLUNO La crisi è alle spalle? Così dice il mercato del
LO STUDIOBELLUNO La crisi è alle spalle? Così dice il mercato del lavoro, che appare in ripresa rispetto agli anni bui che hanno fatto da corredo al 2008. Ma il precariato...

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LO STUDIO
BELLUNO La crisi è alle spalle? Così dice il mercato del lavoro, che appare in ripresa rispetto agli anni bui che hanno fatto da corredo al 2008. Ma il precariato avanza. L'occupazione post-crisi è soprattutto a tempo determinato o a somministrazione, a progetto, a chiamata, fatta di stage e altre diavolerie che hanno tolto certezze. In più, l'occupazione del Bellunese ha sì recuperato terreno rispetto alla forza lavoro, assestando a livelli molto bassi la disoccupazione. Ma è anche (o soprattutto) per effetto dello spopolamento: meno abitanti, uguale meno forza lavoro; e i numeri in questo caso incidono parecchio.

LA FOTOGRAFIA
A tracciare la fotografia del mercato del lavoro in provincia è la Cgil, con dati relativi al 2018 (elaborati da Veneto Lavoro). In generale, il Veneto registra una crescita di produzione minore rispetto a quella del 2017. Vale a dire che il 2018 ha risentito del rallentamento dell'export. Di fatto, l'industria non è ancora stata in grado di lasciarsi il passato alle spalle. Per quanto riguarda il lavoro in provincia, «non abbiamo recuperato l'intera occupazione - spiega Mauro De Carli, segretario generale della Cgil di Belluno -. Mancano ancora 70 posizioni per raggiungere il livello del 2008 e subiamo un abbassamento di ben 1.245 occupati a tempo indeterminato. C'è da dire che la base occupazionale è conseguenza anche del processo di forte spopolamento e invecchiamento degli abitanti. A titolo di esempio, basterebbe citare i dati dei due maggiori Comuni della provincia: tra dieci anni mancheranno, in conseguenza dell'effetto demografico, 1.778 lavoratori attivi a Belluno e 1.219 a Feltre».
MALE IL MANIFATTURIERO
Quanto ai freddi numeri, il quadro occupazione si fa fosco nel settore industriale. Dal 2008 a oggi si sono persi ben 2.735 occupati. I posti rimasti sono diventati più fragili. «Nell'industria oggi ci sono ben 2.995 lavoratori in meno con contratto a tempo indeterminato, prendendo come riferimento il 2008 - continua De Carli -. Abbiamo 1.445 somministrati in più, e 1.010 contratti a termine in meno. Quindi si è avuta una sostituzione del mercato del lavoro interno all'industria, in cui si è ridotta la base occupazionale complessiva, soprattutto quella stabile e fissa, sostituita con il lavoro in somministrazione, i cui lavoratori sono esterni all'impresa poiché assunti da un soggetto terzo».
MEGLIO IL TERZIARIO
Nei servizi aumentano invece sia la base occupazionale (2.465 posizioni) sia le assunzioni fisse (1.745), con numeri elevati per i servizi alla persona (ben 1.590 tempi indeterminati, divisi tra le posizioni intellettuali e quelle di operatori qualificati). Solo 80, invece, le postazioni fisse aggiunte nel settore commercio e tempo libero.

«Il lungo processo di crisi e trasformazione, avvenuto dal 2008 ad oggi, ha visto lo svuotamento di lavoratori fissi dentro le fabbriche, sostituiti con operai precari - conclude De Carli -. Su questi lavoratori incombe la prospettiva di una recessione nel 2019: saranno loro i primi a subirne le conseguenze».
Damiano Tormen
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Il Gazzettino