Lo scultore Orlandi: «Tracce evidenti in calle del Lovo»

Lo scultore Orlandi: «Tracce evidenti in calle del Lovo»
C'è anche un'altra ipotesi, sulla fantomatica terza colonna del Molo di San Marco. Nel Cinquecento, Francesco Sansovino (figlio di Jacopo) scrisse che durante il trasporto...

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C'è anche un'altra ipotesi, sulla fantomatica terza colonna del Molo di San Marco. Nel Cinquecento, Francesco Sansovino (figlio di Jacopo) scrisse che durante il trasporto dall'Oriente, il terzo affusto affondò, forse vicino alla riva. E ora nel dibattito si inserisce la suggestiva ipotesi di Fabio Orlandi, scultore veneziano che ai Murazzi creò un vero e proprio museo all'aria aperta, ma soprattutto studioso e grande innamorato della sua città: la colonna non sarebbe andata perduta e, ogni giorno, migliaia di persone vi transiterebbero sopra. Dove? «In calle del Lovo, dall'angolo di campo San Salvador dove inizia la Scuola Grande di San Teodoro fino al Ponte del Lovo - spiega Orlandi - non ci sono i soliti masegni di trachite ma, eccezionalmente per Venezia, una pavimentazione di granito rosa». Ma perché potrebbe far pensare all'ipotetica terza colonna? «Semplicemente perché a Venezia - conclude Orlandi - si dice che... non si butta mai niente! Se la terza colonna fosse caduta in acqua o si fosse rotta, i nostri antenati l'avrebbero recuperata, fatta lavorare da abili artigiani e collocata nel luogo di appartenenza, ossia... la Scuola Grande di San Teodoro! Dunque la terza colonna è lì davanti ai nostri piedi, tirata a lucido dal continuo passare di milioni di visitatori e veneziani inconsapevoli».

Contrario a questa, come ad altre ipotesi, Franco Filippi editore e grande interprete della storia veneziana: «Le colonne in tutti i porti sono sempre due, perché non a Venezia? Inoltre le testimonianze riportate dal Sansovino, a distanza di secoli, non sono così attendibili. Parla di trasporto delle colonne a bordo di caracche, ma questo tipo di naviglio molto panzuto non possedeva una lunghezza sufficiente, aveva due alberi per le vele e un castello da poppa che accorciava lo spazio; pertanto un elevato peso avrebbe reso instabile la navigazione. Le colonne, a mio avviso, sono state caricate su zatteroni al traino ed innalzate non bagnando le corde, come di recente sostenuto, ma servendosi di normali carrucole. Confuterei anche l'affondamento nel Bacino di San Marco che, al tempo, era una semplice barena». Sulla pavimentazione di calle del Lovo: «È sicuramente più tarda conclude Filippi nel Duecento per Venezia transitavano ancora i cavalli».

Riccardo Petito
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Il Gazzettino