LO SCIENZIATO TRIESTE Alessandro Marcello è uno scienziato veneziano. Dirige

LO SCIENZIATO TRIESTE Alessandro Marcello è uno scienziato veneziano. Dirige
LO SCIENZIATOTRIESTE Alessandro Marcello è uno scienziato veneziano. Dirige l'Icgeb di Trieste, il Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologie che il 15 marzo ha...

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LO SCIENZIATO
TRIESTE Alessandro Marcello è uno scienziato veneziano. Dirige l'Icgeb di Trieste, il Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologie che il 15 marzo ha isolato e sequenziato il genoma del coronavirus in Friuli Venezia Giulia. E' un virologo molecolare e fa parte della task force che, in coordinamento con la Regione Fvg, è impegnata nella lotta al Covid-19. Del team fanno parte il professor Pierlanfranco D'Agaro, docente di Igiene generale e applicata, nonchè direttore del laboratorio di riferimento regionale per la diagnosi di Sars-Cov-2, e il dottor Danilo Licastro, responsabile della piattaforma genomica ed epigenomica Open-Lab Argo in Area Science Park.

Continuano le fake news sul Covid-19 creato in laboratorio. Quando analizzate un virus, riuscite a capire se è stato costruito?
Certo, con le tecniche di biologia molecolare è possibile sequenziare il genoma virale completamente. E' quello che abbiamo fatto a Trieste. Dalla sequenza si capisce subito se ci sono porzioni provenienti da altri virus. La firma genetica è molto chiara e ci permette di capire che non si tratta di un virus costruito in laboratorio. Quell'esperimento messo in rete ha creato solo confusione, non ha niente a che vedere con il Covid attuale.
Come vi siete organizzati in Friuli Venezia Giulia?
A Trieste abbiamo la fortuna di avere un'ottima interazione tra enti scientifici. Quando ci sono stati i primi casi in Italia ci siamo detti arriverà anche da noi, prepariamoci. Abbiamo approntato il laboratorio di biosicurezza di livello 3 per la manipolazione dei virus, predisposto le linee cellulari per crescere il virus e tutte le procedure di biologia molecolare. Quando i primi tamponi positivi sono stati identificati nel laboratorio di diagnostica del professor D'Agaro, li abbiamo ricevuti e abbiamo seminato questi tamponi sulle cellule. In tre/quattro giorni abbiamo visto i segni di infezione. Il virus è cresciuto e quando abbiamo avuto una quantità sufficiente abbiamo estratto materiale genetico. Grazie alla piattaforma di sequenziamento di Area Science Park, con il dottor Licastro abbiamo sequenziato tutto il genoma in un paio di giorni. In una settimana abbiamo sequenziato i primi quattro contagiati in regione (uno a Gorizia e tre di Udine, ndr).
Quali sono le caratteristiche del nostro coronavirus?
Le sequenze italiane che circolano nei database sono poche. Ce ne sono alcune dello Spallanzani di Roma, però riferite al virus cinese, perché riguardano turisti cinesi o persone che erano tornate dalla Cina. Le nostre sequenze sono più simili a quelle bavaresi, tedesche e alle due sequenze lombarde. Con le due lombarde e le nostre quattro siamo ancora a livelli bassi di sequenziamento del ceppo italiano. Non c'è nessuna sequenza dal Veneto, ad esempio. Questo è sorprendente, bisogna fare uno sforzo per poter avere una miglior informazione su come il virus sta evolvendo.
Quanto conta conoscere la vera identità del virus?
Il virus isolato in regione appartiene a un cluster europeo, molto simile, al 99%, a quello cinese, però ha alcune differenze che lo identificano. Bisogna capire se queste differenze modificano il suo comportamento.
State lavorando per individuare metodi diagnostici e gli anticorpi per le terapie?
Sì, ma stiamo anche lavorando a un altro aspetto importante, relativo alla risposta immunitaria all'infezione. In questo momento l'unico test che viene eseguito è il tampone. Come facciamo a capire chi ha passato l'infezione senza avere sintomi? Per saperlo dobbiamo fare un test sierologico per cercare gli anticorpi. Dobbiamo avere dei test per identificare questi anticorpi specifici per Covid, capire chi è stato infettato e studiare le caratteristiche degli anticorpi. Sono neutralizzanti? Proteggono dall'infezione? Questi sono punti chiave che devono essere ancora esplorati. E' vero che bisogna espandere la capacità di identificare chi è stato infettato, ma anche di individuare chi è stato infettato, perché questo ci dirà quanta parte della popolazione ha superato senza particolari sintomi l'infezione e di chiarire tanti aspetti legati alla letalità dell'infezione, che è molto alta in Italia, ma perché rapportata a un numero di infezioni definito dai tamponi, la verità è che non sappiamo quanti italiani sono stati effettivamente infettati.
Un rammarico?

Appena passa l'emergenza ci si dimentica della necessità di investire nella ricerca di base e applicata.
Cristina Antonutti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino