LO SCENARIO TRENTO In piazza Dante, davanti alla stazione, e in qualche altra

LO SCENARIO TRENTO In piazza Dante, davanti alla stazione, e in qualche altra
LO SCENARIOTRENTO In piazza Dante, davanti alla stazione, e in qualche altra viuzza di Trento c'è qualche ragazzo nero talvolta un po' alticcio o che cammina a piedi nudi tra lo...

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LO SCENARIO
TRENTO In piazza Dante, davanti alla stazione, e in qualche altra viuzza di Trento c'è qualche ragazzo nero talvolta un po' alticcio o che cammina a piedi nudi tra lo stupore dei borghesi (impoveriti) o fa un po' di baccano. E perfino Matteo Salvini arrivato quassù per prendersi il Trentino («La sinistra tra pochi giorni farà i bagagli, e la Lega governerà anche questa bellissima terra da sempre nelle mani dei compagni») deve ammettere, parlando ai suoi fan in città e nei paesini qui intorno: «Per quanto riguarda gli immigrati, nella vostra regione la situazione è più tranquilla. Ma si può, anzi si deve, sempre migliorare. Per esempio chiudendo i centri sociali».

A cui viene fatta risalire la responsabilità della bomba carta che, prima dell'arrivo del segretario, è stata fatta scoppiare davanti alla sede della Lega ad Ala, pochi chilometri dal capoluogo. «Più che anarchici, sono dei cretini», li liquida Salvini tra un bicchiere e l'altro e dopo aver divorato un super-risotto con il maiale, il tastasal, nella piazza di Borghetto, 200 abitanti, quasi tutti leghisti, in una regione in cui il Carroccio alle ultime elezioni politiche è balzato al 27,3 per cento.
LEGGE LAPALISSIANA
L'attuale presidente della ricca e potente Provincia, Ugo Rossi, e in generale i governanti trentini hanno sempre ragionato così: «Se le cose funzionano, la riconferma è sicura». E invece, stavolta, questa legge lapalissiana della politica non funziona più. Il Trentino è un'«isola felice», ripetono quasi tutti nelle valli e sugli alpeggi, eppure gli autonomisti, il centrosinistra, quel che resta dell'ulivismo, del cattolicesimo democratico tutto buon senso pratico, solidarismo e europeismo - tradizioni che finora nella regione di De Gasperi sono stati culturalmente e politicamente egemoni - stanno per essere spazzati via dallo tsunami della Lega.
I sondaggi danno oltre il 40 per cento al candidato salviniano, il fedelissimo Maurizio Fugatti, sottosegretario alla Salute, il quale fa il modesto: «La partita non è ancora vinta». E oltre a Rossi, il suo sfidante è il dem Giorgio Tonini, ex ghostwriter di Veltroni, paracadutato da Roma ma sposato con una trentina, carico di sette figli e cattolico e infatti dice: «I miracoli sono sempre possibili».
Si annuncia insomma un ribaltone storico. E l'unico pezzo mancante del nord-est, cioè il Trentino, sta per andare in dote alla Lega.
Con Fugatti c'è il centrodestra unito (in Alto Adige invece ognuno per sé, litigando assai) ma è Salvini il mattatore. Lui l'icona, e il Capitano che gira per le osterie, le baite, le industrie, i capannoni, e giù con il bianco e giù con il rosso tra bicchierate, cori e battimani. La paura dei trentini di poter stare peggio anche se per ora non stanno affatto male. L'inquietudine popolare e nazionale, che potrebbe risparmiare il Trentino, non lo risparmia proprio.
Confermando che, al di là dei dati reali, qui la disoccupazione quasi non esiste e l'integrazione funziona abbastanza, c'è un sommovimento emozionale e un'ansia di cambiamento che prescinde da tutto. Salvini promette: «La vostra autonomia non si tocca. La Lega è sempre stato un partito autonomista e estenderemo questo modello». Il nuovo Trentino probabilmente non sarà molto diverso da quello che c'è ora, ma vabbè: cambiamento!

Anche in Alto Adige, dove si vota sempre domenica prossima, la Lega è uber alles. Punta a diventare, contro Forza Italia e Fratelli d'Italia, il secondo partito «per poi poter incidere sull'amministrazione», come dice Salvini. Tradizione: governare insieme alla Svp, con buona pace di Maria Elena Boschi, paracadutata sulle Dolomiti ed eletta qui il 4 marzo scorso, e del Pd che con il partitone sudtirolese è finora andato a braccetto. Il governatore trentino uscente, Rossi, non se ne fa una ragione: «Ai cittadini interessa se ho governato bene oppure no. E tutti gli indicatori dicono di sì. La ripresa economica c'è, il benessere rimane diffuso: perché mettermi in discussione? Perché cambiare?». Perché perfino il ricco Trentino ha dovuto rivedere la sua spesa pubblica E soprattutto perché tutto sta cambiando dappertutto e non c'è isola felice che tenga.
Mario Ajello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino