LE VOCI ROMA «Con i violenti non abbiamo nulla a che fare. Gli scontri non

LE VOCI ROMA «Con i violenti non abbiamo nulla a che fare. Gli scontri non
LE VOCIROMA «Con i violenti non abbiamo nulla a che fare. Gli scontri non ci appartengono, ma anche se questa manifestazione non era formalmente autorizzata abbiamo voluto...

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LE VOCI
ROMA «Con i violenti non abbiamo nulla a che fare. Gli scontri non ci appartengono, ma anche se questa manifestazione non era formalmente autorizzata abbiamo voluto esserci, perché ormai le nostre attività stanno morendo». In sei, tra baristi e ristoratori, sono arrivati a Roma da Aprilia. Tutti in auto come quasi tutti i manifestanti che ieri hanno tentato di raggiungere Montecitorio. Chi ha cercato di arrivare con i treni o in pullman ed è stato fermato nelle stazioni o alla barriera autostradale. «Stiamo perdendo tutto - dice Alessandro Liotino - anche i nostri lavoratori che senza stipendio né cassa integrazione si stanno trovando altri impieghi». Nella capitale anche quindici ristoratori trevigiani in rappresentanza di Veneto Imprese Unite: «È tutto degenerato in fretta - spiega Andrea Penzo Aiello - ma nel gruppo che ha lanciato bottiglie e bombe carta c'erano pochissimi ristoratori. Noi ci siamo trovati quasi in mezzo, per fortuna quando la polizia ha stretto il gruppo dei facinorosi siamo riusciti a defilarci».

I DIMENTICATI
È variegato il mondo di chi protesta. Non ci sono solo i proprietari e gestori di trattorie e ristoranti. Ma anche chi vive di catering e di organizzazione di fiere ed eventi. Chi ha investito nei locali da ballo e nel divertimento: «Ci trattano come se non esistessimo, anzi, ci ripetono che non siamo essenziali», spiega Maurizio Pasca, imprenditore salentino, presidente del Sindacato Italiano dei Locali da Ballo e di Ena, la European Nightlife Association. Anche lui è tra i IoApro, ma si tiene lontano, defilato dagli scontri. «Domani (oggi, ndr) saremo piuttosto alla manifestazione autorizzata al Circo Massimo. Ma oramai non c'è più tempo da perdere. Da un anno siamo fermi, non so più che futuro potrò dare alle mie due figlie. Personalmente sto consumando i risparmi di una vita, ma il mio comparto che riguarda 2800 attività per un valore di due miliardi di euro e circa 100mila lavoratori, è a terra. Chi lavora in questo mondo, inoltre, sono tutte categorie atipiche che non hanno avuto ammortizzatori sociali. Penso ai dj, ai comunicatori. Se non si riaprirà nemmeno d'estate, non avremo nemmeno più la speranza di tornare letteralmente in pista».
Mirella Vetrino invece è una parrucchiera di Milano: «Abbiamo organizzato due macchine, una da Milano e una da Bergamo, siamo in sei, al nostro arrivo ci aspettavamo molta più gente ma non importa anche se siamo pochi. Ci siamo perché questa situazione di immobilismo è quasi peggio della pandemia. Devono ascoltarci». Franco e Gisueppe sono arrivati da Giuliano (Napoli). Hanno rispettivamente un bar aperto da tre generazioni e una vineria che ha avviato l'attività quattro anni fa: «Non avremmo mai pensato di dovere scendere in piazza per protestare, non siamo metalmeccanici, né sindacalisti, ma alla fine abbiamo deciso di esserci e di rischiare pure di prenderci qualche manganellata nella mischia nonostante siamo tutto fuorché dei violenti. Ma le spese sono enormi, i ristori non bastano nemmeno per pagare le bollette». Le storie della piazza sono tante: Luigi, 54 anni, è di Cesena. Ama il suo mestiere: produrre dolci e torroni artigianali che vende nelle fiere e nelle feste patronali. Ma racconta con dignità di essersi «appena iscritto a un corso per apprendista macellaio a Padova, ho capito che non ho più possibilità. Del resto sono le cinque e la piazza è già vuota».
LE CIFRE

Per rendere l'idea fornisce una cifra: «L'altro giorno ho avuto 2832 euro di ristori che equivalgono solo al 4% della mia perdita di fatturato». Alessandro Fabrizi, 46enne gestore del Burger factory di Testaccio è sconfortato: «Con l'asporto non si vive, e su cento euro ben 36 vanno alle app del delivery. Una assurdità. Il governo non è stato capace di darci alcuna certezza e ora i 25mila euro di prestito che ho preso l'anno scorso sanno di beffa: un prestito per rimanere chiusi e tra poco dovrà essere restituito». Oggi alle 11 alcuni dei partecipanti si rivedranno al Circo Massimo per la manifestazione Una volta, per tutti: «Siamo qui per la manifestazione di domani (oggi n.d.r.) - dice Francesco Baldini, da Enna - ma abbiamo anticipato di un giorno per capire cosa stava succedendo qui a Roma. La situazione? È drammatica e non ci resta che protestare nella speranza che qualcuno ci ascolti».
A. Mar. e Fla. Sav.
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Il Gazzettino