Le voci del delirio di Ludwig trent'anni dopo la furia omicida

Le voci del delirio di Ludwig trent'anni dopo la furia omicida
LA STORIADalla condanna definitiva del 1991 sono passati trent'anni. Tanti quanti quelli che Wolfgang Abel e Marco Furlan avrebbero dovuto trascorrere fra il carcere e l'ospedale...

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LA STORIA
Dalla condanna definitiva del 1991 sono passati trent'anni. Tanti quanti quelli che Wolfgang Abel e Marco Furlan avrebbero dovuto trascorrere fra il carcere e l'ospedale giudiziario, se non avessero beneficiato della liberazione anticipata. Anche dopo tutto questo tempo, però, i due serial killer che terrorizzarono il Nord Italia restano un marchio indelebile nella memoria collettiva del Veneto: un fenomeno criminale a cui Storytel Italia dedica adesso il podcast Ludwig, il ferro e il fuoco.

Il racconto del giornalista Gianluca Ferraris è un viaggio in otto tappe fra gli omicidi e gli incendi, la furia moralizzatrice e il furore ideologico, il contesto perbenista delle famiglie agiate e lo sfondo cupo delle trame nere. Una narrazione calda, accesa dalle voci dei protagonisti di allora, fra ricordi e verbali. Rammenta l'avvocato Guariente Guarienti, parte civile al processo: «Sono stati scelti personaggi come il tossicodipendente o la prostituta, luoghi secondo loro di perdizione come la discoteca». I pezzi dell'inchiesta cominciarono ad essere messi insieme dopo l'ultimo attentato in un dancing, il rogo del 4 marzo 1984 al Melamara in provincia di Mantova, dove Abel e Furlan vennero bloccati vestiti e truccati da Pierrot. Commenta l'ex magistrato Mario Sannite, il giudice istruttore dell'epoca: «Veramente sono situazioni che fanno accapponare la pelle. Ma è possibile che si possa arrivare a un punto di perversione, o addirittura di incapacità di rendersi conto, per cui si mette a repentaglio la vita di 400 giovani, perché le discoteche sono il luogo del vizio?».
La loro amica Daniela fu la prima a collaborare con gli inquirenti che indagavano su quei rampolli della Verona-bene: «Avevano un modo di agire e di parlare molto diverso da quello dei loro coetanei, utilizzavano termini difficili e ricercati, discutevano di filosofia».
BRUTALITÀ

Eppure fin dal 1977 massacrarono con brutalità, ora a coltellate ora a martellate, un nomade a Verona, un omosessuale a Padova, un tossicomane a Venezia, una lucciola a Vicenza, due frati di Monte Berico, un prete a Trento. E appiccarono senza pietà il fuoco a un cinema a luci rosse di Milano in cui morirono cinque clienti e un soccorritore, a un sexy club di Amsterdam in cui persero la vita tredici persone, a una disco di Monaco in cui spirò una cameriera. I primi tre delitti furono rivendicati con una lettera recapitata alla redazione del Gazzettino di Mestre, scritta in caratteri runici e accompagnata dal disegno di un'aquila, che solleva con gli artigli la svastica nazista. Il podcast ripercorre la pista delle connessioni con l'eversione neofascista e ripropone l'ipotesi delle complicità rimaste nell'ombra. Confida la giornalista Monica Zornetta, autrice di un libro sulla vicenda: «Secondo me non ci sono solo Abel e Furlan dietro Ludwig. Loro sono solo l'ultimo anello di una catena molto pesante che è rimasta protetta fino ad oggi». «Ma lo scarso materiale probatorio e informativo, al di fuori di quello a carico dei due imputati, ci dice che non lo sapremo mai», sentenziò il verdetto di Appello a Venezia. Dei due, che hanno sempre respinto le accuse, restano le voci registrate in un vecchio servizio di Telenuovo. Liberi e sfrontati: «Innocenti? Certamente...».
Angela Pederiva
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino