LE STORIE TREVISO Slowear, negozio di alta gamma da uomo, ha chiuso dopo 12 anni

LE STORIE TREVISO Slowear, negozio di alta gamma da uomo, ha chiuso dopo 12 anni
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LE STORIE
TREVISO Slowear, negozio di alta gamma da uomo, ha chiuso dopo 12 anni di permanenza. Oggi nell'elegante vetrina di via Santa Margherita il marchio con retail a Torino, Milano, Firenze Rinascente, Monaco, Londra, Parigi, New York, Giappone ha lasciato il posto, dal 16 giugno, al Circle city Outlet. Poco più avanti, in via XX settembre dal 30 giugno chiuse anche le vetrine di Teya Bar. Trasloco anche in Calmaggiore: Non solo Cashmire lascia il negozio vicino al Battistero per trasferirsi di fronte alla Loggia dei Cavalieri. La situazione dei negozi nel settore abbigliamento e calzature in città non è uniforme, forse perchè la crisi viene da lontano. Sono mesi che si registrano chiusure importanti: da Furla a Stefanel, da Bata a Piombo.

FRUSTRAZIONE
I commercianti che però hanno riaperto, non si dicono nel complesso insoddisfatti. «Se confronto i dati con le aspettative iniziali che erano bassissime - spiega Enrico Barcè, proprietario di Zanetti Bimbi e Shake - direi che siamo in linea. Certo però, rispetto al 2019, siamo al 60% in meno di incassi, anche perchè i mesi chiusi non si recuperano, e già tenere il passo è complicato». Barcè punta molto sulla percezione di sicurezza. «Noi stiamo cercando di coccolare il cliente e farlo sentire sicuro all'interno del negozio. Consentiamo al cliente di provare gli abiti, con tutte le accortezze del caso». Sul digitale però tiene a mettere le cose in chiaro. «Abbiamo spinto sul digitale, senza dubbio, ma nel nostro caso è stata solo un'accelerazione. Credo infatti che sia un'illusione pensare che le aziende possano inventare un e-commerce dal nulla». Quindi il responso di Barcè è bene ma non benissimo. «Per cercare di dare un'idea precisa della situazione voglio usare questa metafora: stiamo guidando una macchina in mezzo ad un banco di nebbia. La visibilità è molto limitata, si lavora con forte incertezza. Il problema serio è che non abbiamo sicurezze per elaborare una strategia». Tra le cause della fragilità c'è anche la questione sanitaria. «Non capisco il gioco al massacro dei virologi e il toto scommesse su quando ritornerà il virus». Da commerciante, Barcè concorda con Pomini sulla dinamica produttore e rivenditore. «In questo momento c'è un potere negoziale sbilanciato sul produttore, mentre è il punto vendita ad avere un grande valore. Federmoda Treviso vuole impegnarsi su questo? Qualsiasi iniziativa che può ribilanciare il rapporto è benvenuta». Il tema dei licenziamenti è spinoso. «I nostri dipendenti sono come famigliari, l'obiettivo è quello di non licenziare nessuno. L'incertezza da settembre in poi è qualcosa con cui oggi non riusciamo a fare i conti. Dipende anche dal contesto normativo: se la situazione non dovesse tornare a regime, non possiamo andare in terza con i costi da quinta marcia».
LO STALLO

Un modesto ottimismo è dimostrato anche da Giancarlo Pupin, dal 1947 riferimento per le calzature in città. «Abbiamo riaperto il 18 maggio riscontrando nei primi giorni ottime vendite. Credevamo ci fosse grosso timore, ma nella realtà pur nel rispetto delle normative di sicurezza, si vedeva che il cliente era molto concentrato sugli acquisti. Poi, come prevedibile, negli ultimi giorni c'è stato un drastico calo e ora siamo tornati alla routine». Anche il comparto calzature è rimasto bloccato per due mesi e mezzo. «I conti veri si faranno a gennaio in ogni caso. A mio modo di vedere, resisteranno i punti vendita storici, quelli che avevano situazioni economiche più solide prima del Covid. E, nel nostro settore, il comparto destinato a maggior sofferenza penso sarà la grande distribuzione».
El.Fi
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Il Gazzettino