Le mani della Mafia su Venezia

Le mani della Mafia su Venezia
La mafia siciliana ha esteso i suoi tentacoli su Venezia. È questa l'ipotesi a cui sta lavorando la Procura distrettuale antimafia lagunare nell'ambito di un'inchiesta avviata...

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La mafia siciliana ha esteso i suoi tentacoli su Venezia. È questa l'ipotesi a cui sta lavorando la Procura distrettuale antimafia lagunare nell'ambito di un'inchiesta avviata per chiarire i veri motivi della presenza in città di Vito Galatolo, il boss della famiglia dell'Acquasanta che da un paio di anni si era trasferito ad abitare a Mestre e lavorava al Tronchetto, una delle principali porte di accesso turistiche della Serenissima.

Ieri mattina i carabinieri del Ros, il Raggruppamento operativo speciale, hanno eseguito una ventina di perquisizioni, sequestrando documenti, denaro (40mila euro) e alcuni oggetti preziosi, tra cui un paio di orologi. In mattinata si era diffusa la notizia che i militari dell'Arma fossero anche alla ricerca di armi ed esplosivi in quanto Galatolo, dopo aver iniziato a collaborare con i magistrati di Palermo, ha rivelato l'esistenza di un attentato ai danni del pm che in Sicilia sta indagando sulla trattativa Stato-Mafia, Nino Di Matteo. Ma la circostanza è stata smentita dal sostituto procuratore che coordina le indagini, Giovanni Zorzi, e nelle abitazioni e negli uffici passati al setaccio dai carabinieri non sono stati rinvenuti né armi né esplosivi.
Le persone oggetto di indagine sono 8, con l'ipotesi di concorso in associazione di stampo mafioso. La più conosciuta in città è Otello Novello, detto "Cocco cinese", titolare in via diretta o indiretta di due società, la Travel Venice e la Canal Grande, che gestiscono 16 motoscafi granturismo utilizzati per trasportare le comitive in visita a Venezia e danno lavoro ad un centinaio di persone. Novello, in passato fu condannato per concorrenza illecita con violenza e minaccia in relazione ai metodi utilizzati proprio nella gestione dei flussi turistici, ma fu assolto dall'aggravante mafiosa. Ora i carabinieri del Ros stanno cercando di capire per quale motivo Novello decise di assumere un boss del calibro di Vito Galatolo e, subito dopo il suo arresto, avvenuto lo scorso giugno, di far lavorare nelle sue società il figlio diciottenne del siciliano.
Ieri pomeriggio Novello, assistito dall'avvocato Massimiliano Cristofoli Prat, non ha rilasciato alcuna dichiarazione agli investigatori. Nei giorni successivi all'arresto di Galatolo aveva spiegato di averlo assunto per fare un favore ad un amico, senza sapere chi fosse. All'epoca, aggiunse, sapeva solo che il padre di Galatolo era un mafioso. Al Tronchetto Vito Galatolo si occupava della riparazione delle imbarcazioni, nonché di far salire le comitive di turisti a bordo dei lancioni.
Le altre persone indagate e perquisite ieri sono Salvatore Caponnetto, uomo di fiducia di Galatolo e figlio di un esponente della famiglia mafiosa di Bagheria, ora residente a Mirano (assistito dall'avvocato Mauro Serpico), e altre sei persone che lavorano o lavoravano da Novello: il siciliano Pasquale Fantaci, residente a Mestre, Donato Flauto (comandante di una delle imbarcazioni di "Cocco cinese") e sua figlia; il veneziano Stefano Franzanchini, nonché l'ex genero di Novello, Maurizio Greggio e il veneziano Fabiano Bullo. La Procura antimafia li ha individuati come le persone che hanno intrattenuto i rapporti più stretti con Galatolo a Venezia: spetterà al prosieguo delle indagini accertare se abbiano avuto un ruolo nella presunta associazione di stampo mafioso a cui apparteneva Galatolo.

Per il momento le indagini sono in una fase preliminare: Galatolo da alcuni mesi sta collaborando con la Procura di Palermo, ma i magistrati veneziani sostengono di non essere ancora in possesso dei verbali d'interrogatorio resi dal boss dell'Acquasanta in Sicilia e dunque di non sapere se abbia già parlato dei suoi "affari" in laguna. Bisognerà dunque attendere per conoscere se vi saranno possibili clamorosi seguiti dell'inchiesta. Finora, delle confessioni di Galatolo è trapelato soltanto che, proprio a Mestre, nell'appartamento scelto dal boss quando il Tribunale gli impose di lasciare la Sicilia, sarebbe stato ideato l'attentato a Di Matteo, da realizzarsi con l'utilizzo di esplosivo.
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Il Gazzettino