Lavoratori senza futuro poi lo spettro di altri tagli

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TREVISO - (mf) «Non vogliamo diventare uno stipendificio. Ma se non...

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TREVISO - (mf) «Non vogliamo diventare uno stipendificio. Ma se non ci sono i soldi per i servizi cosa si fa?». È netta la domanda che arriva dalle rappresentanze sindacali della Provincia. Al Sant'Artemio regna ormai da mesi un clima di incertezza. Molti dipendenti non sanno ancora cosa ne sarà del proprio futuro: se, dove e quando dovranno andare a lavorare per altri enti. In attesa che la Regione sforni il piano per la ridistribuzione delle deleghe, il ricollocamento dei lavoratori in altri livelli della pubblica amministrazione procede a rilento. «Ci sono oltre 160 persone nel limbo -fa i conti Bernini (Cgil)- più altre 100 che lavorano nell'indotto, come nelle cooperative che danno sostegno ai disabili sensoriali o nei centri di formazione». Nel conto vanno messi anche gli 86 lavoratori del centro per l'impiego. Teoricamente dovrebbero entrare a far parte di un'agenzia nazionale. Ma a oggi non si sa nulla. Discorso simile per i 31 agenti in servizio al Sant'Artemio (14 di Polizia provinciale e 17 guardiacaccia). Potrebbero diventare agenti di Polizia locale dei Comuni. Ma controvoglia. «Qui -avvertono i sindacati- si polverizzano le professionalità». Per ora solo 27 lavoratori hanno lasciato la Provincia attraverso la mobilità volontaria e 62 sono quelli che accederanno ai prepensionamenti da qui all'anno prossimo. «Ma il monte degli stipendi dev'essere ridotto di altri 200mila euro» spiegano Cgil, Cisl e Uil riferendosi al dimezzamento imposto dalla riforma. A quanti lavoratori corrisponde tale cifra? Dipende: le buste paga dei dirigenti e quelle dei semplici impiegati hanno pesi specifici diversi. In questo contesto non è sereno neppure chi fa parte dei settori benedetti come funzioni fondamentali, cioè quelle che sulla carta dovrebbero rimanere in capo alla nuova Provincia di secondo livello eletta da sindaci e consiglieri comunali: viabilità, edilizia scolastica, trasporti, ambiente, pianificazione area vasta e discriminazione sui luoghi di lavoro. «Faccio parte di questi -spiega Antonella- ma sono preoccupata per l'incertezza generale». Altri stanno ancora peggio. «Lavoro nel servizio scuole superiori -conclude un'altra dipendente- non so cosa succederà. E vivo malissimo».(((favarom)))
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Il Gazzettino