LA VISITA VITTORIO VENETO (TREVISO) «Se fossi costretto a lasciare il tuo

LA VISITA VITTORIO VENETO (TREVISO) «Se fossi costretto a lasciare il tuo
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LA VISITA
VITTORIO VENETO (TREVISO) «Se fossi costretto a lasciare il tuo Paese, che cosa faresti?». La domanda è rivolta a ciascuno di noi, che siamo qui a visitare in anteprima In fuga dalla Siria, mostra interattiva e immersiva promossa dalla Caritas di Vittorio Veneto. Proprio la città dove, nel bel mezzo del rovente dibattito estivo sull'accoglienza dei migranti, era scoppiata la polemica fra la Chiesa e la Lega: «Questa posizione di rifiuto pregiudiziale è davvero incompatibile con il messaggio cristiano», aveva detto il vescovo Corrado Pizziolo; «Sia coerente e ospiti una ventina di immigrati nella sua residenza», aveva replicato Gianantonio Da Re, segretario nazionale della Liga Veneta, oltre che ex sindaco.

I PANNELLI
Parole lontane da questi quaranta pannelli di cartone, le stazioni laiche di una via crucis del ventunesimo secolo. Liberamente tratto da un progetto digitale ideato dalla Bbc, e trasformato in esperienza fisica dal coordinamento Granello di Senapa della diocesi di Reggio Emilia, quello approdato ora in Veneto è qualcosa a metà fra uno story game e un videogioco: costruisci una storia di cui sei autore e protagonista e che è unica in quanto frutto delle tue scelte, per cui o vai avanti o sei morto. Il che assume una connotazione concretamente tragica, trattandosi della rievocazione dei problemi e delle paure realmente vissuti da 9 milioni di profughi, in cerca di salvezza dal conflitto scoppiato il 15 marzo 2011 come reazione al regime di Bashar al-Assad. Per un'ora e mezza siamo quindi chiamati a calarci nei loro panni, letteralmente. All'ingresso ci viene consegnato un passaporto siriano, con cui assumiamo l'identità di un migrante: per esempio quella di Adam, studente di 16 anni, a cui i genitori affidano tutti i loro risparmi con la richiesta di raggiungere «un lontano zio a Padova, in Italia». Dove abitavo? Com'è la famiglia? Cos'è che mi piaceva fare? Mentre veniamo sollecitati a chiederci chi siamo adesso che è ora di scappare, ci vestiamo con abiti logori e riceviamo una mazzetta da 20.000 dollari (in finte banconote). Se avessimo dei figli, come capita nella simulazione non più individuale bensì familiare, dovremmo prendere in braccio anche dei bambolotti. Ci viene permesso di entrare per l'ultima volta nella nostra casa, ma abbiamo soltanto dieci secondi per prendere quello che possiamo, dopodiché una bomba la distruggerà: così riusciamo a recuperare solo una bottiglia di acqua, una scatola di latte, un giubbotto da inverno, una borsa di tela. «Fuori, fuori, fuori», ci grida la guida.
LE DECISIONI

Il primo cartello è dirimente nella nostra rotta verso l'Europa: dobbiamo stabilire se arrivarci via mare (passando per l'Egitto, pagando 2.000 dollari e sopportando cattive condizioni), oppure via terra (attraverso la Turchia, contando su un contesto migliore e sborsando però 3.000 dollari). La prima opzione ci porterà alla casella numero 2, la seconda al numero 3. E così via, di decisione in decisione, fra trafficanti di uomini e di donne, richieste di soldi che dovremo fisicamente consegnare, avvistamenti delle guardie costiere, rischio di cattura nei controlli di frontiera, guasti alle imbarcazioni, telefoni satellitari scarichi. Fino alla fine, che per noi coincide con un campo profughi in Turchia, com'è davvero successo ad Alaa, a sua moglie Dana e ai loro figlioletti Hamad e Rama, di cui possiamo leggere la testimonianza raccolta da Amnesty International sui tredici tabelloni-storie dove infine confluiscono i diversi percorsi. «Nel test fatto a gennaio spiega Martina Tormena, referente dell'iniziativa abbiamo registrato 400 visitatori. Abbiamo visto ragazzi entrare da bulletti e uscire in lacrime. Il nostro compito non è imporre un'opinione, ma invitare a rivedere i propri pregiudizi, provando a calarsi nella vita di chi ha dovuto lasciare tutto. Per questo ci rivolgiamo in particolare alle scuole e le prenotazioni stanno fioccando». Nella diocesi di Vittorio Veneto la Caritas ospita 80 richiedenti asilo in una decina di piccole strutture, sparse in un territorio che conta circa 350.000 residenti, «cioè lo 0,02% della popolazione».
Angela Pederiva
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino