Arriva da Ascoli. Con un tumore al polmone, un marito con il braccio rotto al collo (ma è scampato all'eccidio di Accumoli) e quattro morti da piangere: il figlio, la nuora e due...
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L'ADDIO - Il marito Alessio trascina una borsa con i vestiti per i defunti: «Sono morti mentre dormivano, tutti in mutande. Li andiamo a vestire per il funerale». È l'obitorio la meta di questa salita lungo la quale Simonetta scivola tre o quattro volte, non accette le scarpe da ginnastica che le offre la figlia (anche lei nel gruppo insieme al fratello: erano in tre ma Andrea non c'è più) e boccheggia e suda: «Devo farcela, lo devo ai miei morti». Ogni tanto si siede su un sasso, a ricordare: «Il campanile di Accumoli è caduto di botto, quella notte, e solo noi anziani, io e mio marito, siamo usciti vivi dalla casa che ora non c'è più». Ci sono i rovi, e i sassi sul percorso che rendono tutto più difficile. Per non dire dei calmanti che ha inghiottito Simonetta: «Mi instupidiscono? Meglio così. Sennò non farei la pazzia di questo cammino. Ma Andrea merita questo e lo farei anche se fossi senza gambe». Beve un sorso di acqua dalla bottiglietta. Non piange. Non c'è tempo. Prima di arrivare sul sentiero, la famiglia Tuccio ha provato a fermare un'ambulanza: «Ci caricate?». «Non possiamo, a meno che non ci siano ragioni sanitarie». «Guardi, ho la bombola a ossigeno e un cancro in petto e devo andare a salutare il corpo di mio figlio nelle tende dell'obitorio. Non basta?». Evidentemente, no. Con la polizia la stessa storia. Dunque, la scalata della disperazione. C'è chi piange intorno a lei, vedendo lo sforzo che sta facendo. «Quanto manca?», sono le uniche parole di debolezza che ogni tanto pronunciai timidamente, aggrappandosi al marito che ha quasi dieci anni più di lei e lavorava nell'edilizia mentre il figlio che non c'è più era pittore.
LA FAMIGLIA - «Insieme ad Andrea e ai nipotini Stefano e Riccardo, ho perso mia nuora Graziella. Per me era una figlia, la conosco da quando aveva 14 anni». La madre di lei ha già riconosciuto i corpi nelle buste bianche. La via crucis di Simonetta è più che altro un omaggio alla memoria di una famiglia che è stata felice: «Siamo tutti evaporati». Come se il sisma fosse stato un colpo di vento che ha portato via i morti e svuotato i vivi. I Tuccio sono sfollati da parenti ad Ascoli. Simonetta: «Torneremo a vivere qui?». Il marito: «No». «E il funerale di Andrea dove lo faremo, a Roma insieme a tutti gli altri?». «Non lo so», le risponde Alessio. «Mamma vuoi un biscotto?», le dice la figlia. «Adesso non mi va, sennò portano Andrea via dall'obitorio». Volano elicotteri sopra gli alberi di questo sentiero, portano salme e prendono salme.
IL PAESE FANTASMA - Finalmente, in cima. Il campanile che sta in piedi per miracolo, ma scossa dopo scossa barcolla sempre di più, è a pochi passi dalla fine del sentiero. Lì sotto c'è un uomo della Protezione civile. Chiama i medici per soccorrere Simonetta, ma ancora manca un chilometro per arrivare all'obitorio fatto di tende. Arrivano due infermieri, fanno arrivare una sedia a rotelle e Simonetta ci si siede. Mentre la psicologa dell'emergenza, a sua volta convocata, le dice: «Signora, deve razionalizzare». Lei risponde soltanto: «Sto per vedere Andrea». La psicologa: «Ma è stato identificato suo figlio? La pratica è un po' dura. Se la sente?». Simonetta risponde solo con un sorriso malinconico. La colonna dei Tucci si avvia verso il deposito delle salme. Simonetta non vuole arrivarci in carrozzella. Eccola in mezzo agli altri parenti dei defunti. Ma le buste che li contengono non si possono più aprire, è cominciata la decomposizione. A Simonetta non resta che accarezzare il suo Andrea attraverso la plastica: «Ma ne è valsa la pena».
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Il Gazzettino