La tregua giallo-verde

La tregua giallo-verde
IL CASOROMA Il condono sul nero non dichiarato resta, ma sparisce la possibilità di scudare i capitali esteri. Dopo due ore di vertice a tre, Conte, Di Maio e Salvini, e quasi...

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IL CASO
ROMA Il condono sul nero non dichiarato resta, ma sparisce la possibilità di scudare i capitali esteri. Dopo due ore di vertice a tre, Conte, Di Maio e Salvini, e quasi due ore e mezzo di consiglio dei ministri, la maggioranza sembra trovare l'intesa sul pacchetto fiscale. Vittoria a metà per Di Maio, che subisce il condono sui redditi non dichiarati, mentre l'altra metà la porta a casa Salvini che non riesce però ad allargare il condono anche a capitali e beni detenuti all'estero.

L'ESCLUSO
Dopo giorni di polemiche, il vicepremier leghista cambia i suoi programmi e rientra a Roma per partecipare al consiglio dei ministri che vara per la seconda volta il decreto fiscale. A Di Maio tocca invece partecipare al vertice a tre che precede il consiglio, anche se in precedenza lo aveva escluso. Dopo giorni tesi, con duri scambi di accuse sulla manina che avrebbe inserito il condono anche per il riciclaggio, le riunioni sono iniziate all'ora di pranzo non nel miglior clima. «Stimo Conte ma stavolta voglio una copia del testo», aveva sostenuto di prima mattina Salvini. «Basta caciara, di copie ne avrà due», la replica del vicepremier grillino.
Tensioni che solo in parte si sono sciolte nella riunione che ha preceduto il Consiglio, anche se i due vice e il premier provano a stemperare la tensione facendosi fotografare abbracciati e sorridenti al termine della conferenza stampa. «Chiusi giorni surreali, ma le polemiche ci hanno permesso di fare un passo avanti», sostiene Salvini parlando in conferenza stampa al termine del consiglio. E il passo avanti sta proprio nella possibilità di rottamare «le cartelle di Equitalia, non solo eliminando sanzioni e interessi - spiega Salvini - ma anche intervenendo sul capitale. Si chiuderà il contenzioso scontando l'ammontare complessivo».
Davanti a taccuini e microfoni non si presenta Giovanni Tria. Il ministro dell'Economia ha spiegato in consiglio cosa intendere mettere nella lettera che entro domani dovrà spedire a Bruxelles dopo la richiesta di chiarimenti della Commissione. Le riforme che usciranno «nel giro di qualche settimana sono le misure che servono di più al nostro paese: alcune sono a costo zero, ma valgono un aumento del Pil dallo 0,5 allo 1,2%», sostiene Conte. Il premier sembra il più attento ai rapporti con la Commissione. Annuncia un prossimo incontro con Jean Claude Juncker, e obbliga di fatto i suoi due vice a fare a turno una dichiarazione di fedeltà al progetto europeo e alla moneta unica. «Non è una manovra avventata ma puntiamo su investimenti supportati da riforme strutturali - sostiene Conte - siamo comodi in Europa e vogliamo esercitare nostre prerogative ma riconosciamo Ue come nostri interlocutori in un confronto sereno». Mentre Salvini sorride a quel comodi e Di Maio sembra avere già la testa al Circo Massimo dove mandano in onda la conferenza stampa, il premier prova a giocare con i numeri. Da una previsione di deficit dello 0,8% «ci trovavamo già all'1,2% e - sostiene il premier - se aggiungiamo le clausole di salvaguardia che valgono lo 0,7% finiamo vicini al 2%». In realtà la Ue aveva già chiesto al precedente governo di rientrare dello sforamento ed era in attesa che provvedesse l'attuale non che alzasse ancor più l'asticella del debito.
LA PAURA
Non sorridente come Salvini, anche Di Maio mostra soddisfazione per il risultato raggiunto: «Abbiamo ribadito all'unanimità in Cdm che non c'è alcuna volontà di favorire chi ha capitali all'estero». Il vicepremier grillino ribadisce anche che il 2,4 non si tocca» anche se nel consiglio l'argomento è stato a lungo dibattuto quando il ministro Tria ha affrontato il tema del rapporto con Bruxelles che si complica dopo che Moody's ha declassato il debito pubblico italiano ad un gradino sopra il livello spazzatura.

Conte, che non ha gradito lo scontro dei giorni scorsi tra i due vice, nega ci sia intenzione da parte del governo di porre una patrimoniale qualora la situazione sui mercati cominci a farsi difficile. Ma la preoccupazione a palazzo Chigi ieri si tagliava a fette.
Ma.Con.
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Il Gazzettino