LA TRAGEDIA ROVEREDO IN PIANO Un bacio al piccolo che dormiva nel lettone, come

LA TRAGEDIA ROVEREDO IN PIANO Un bacio al piccolo che dormiva nel lettone, come
LA TRAGEDIAROVEREDO IN PIANO Un bacio al piccolo che dormiva nel lettone, come ogni sera, poi la tragedia nella stessa camera da letto. Giuseppe Mario Forciniti, l'infermiere di...

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LA TRAGEDIA
ROVEREDO IN PIANO Un bacio al piccolo che dormiva nel lettone, come ogni sera, poi la tragedia nella stessa camera da letto. Giuseppe Mario Forciniti, l'infermiere di 33 anni che tanto si è fatto voler bene nella Rsa di Roveredo in Piano e nelle corsie dell'ospedale di Pordenone, ha ucciso la compagna Aurelia Laurenti, 32 anni, originaria di San Quirino, con una coltellata alla gola. Soltanto quel colpo ricorda. Gli altri fendenti li avrebbe cancellati dalla memoria. E sono tanti, perchè il medico legale Michela Frustaci ne ha contati almeno otto o nove, tutti in testa. Il resto del corpo è stato risparmiato.

LA CONFESSIONE
Sul femminicidio, commesso nel giorno in cui tutto il mondo si mobilitava contro la violenza sulle donne, c'è ancora molto da capire. E la confessione resa da Forciniti, come sottolinea anche il sostituto procuratore Federico Facchin, «è parziale, anche se va riconosciuta la piena collaborazione resa facendoci ritrovare in un cassonetto per i rifiuti, a poche centinaia di metri da casa, un coltello». L'arma del delitto, un coltello da cucina con tracce di sangue che ora dovranno essere analizzate, è stato recuperato in un cassonetto di colore blu che si trova in via Runces, al termine dell'interrogatorio durato, comprese le pause dovute al cambio di avvocato, dalle 7.50 alle 10.42.
«MI MALTRATTAVA»
L'infermiere è stato arrestato per omicidio volontario aggravato dal fatto che la vittima era la sua compagna. Oggi, quando la Procura chiederà al gip Giorgio Cozzarini la convalida dell'arresto, l'imputazione sarà perfezionata. Forciniti, molto scosso, ha parlato di una situazione familiare tesa. A chi la guardava dall'esterno, la famiglia di via Martin Luther King sembrava felice, perfetta. In realtà i contrasti quotidiani avevano sconquassato la coppia. Forciniti ha riferito che era un uomo «maltrattato e vessato», che il suo unico pensiero era per i bambini. E che ieri notte, dopo aver ucciso la compagna, ha fatto il possibile affinchè non vedessero la mamma. Il più grande si era svegliato e si era alzato. Lo ha fermato prima che entrasse in camera. Si è preoccupato di portarli da una zia a Pordenone, poi è tornato a Roveredo, ha gettato via il coltello ed è tornato a casa. Non ha chiamato i soccorsi. Aurelia era già morta, probabilmente a causa di uno choc emorragico causato dalla coltellata alla gola. A quel punto è andato in Questura a costituirsi, le mani insanguinate, raccontando la versione del ladro entrato in casa e della colluttazione. Una bugia durata lo spazio di pochi minuti.
LA TELEFONATA DELLA NONNA

In via Martin Luther King in tarda mattina sono arrivati gli investigatori dell'Unità crimine violento del Gabinetto della scientifica di Padova. I loro rilievi forniranno indicazioni e dettagli per la ricostruzione della dinamica del femminicidio e dei movimenti di Forciniti all'interno dell'abitazione. Tracce di sangue - alcune calpestate - sono state trovate anche all'ingresso della villetta a schiera. Non è escluso che appartengano allo stesso infermiere, perchè alle mani ha delle ferite da taglio, a cui se ne aggiunge una, leggera, all'addome. Il 33enne ha parlato di una lite, un contrasto che sarebbe sorto nel pomeriggio, perchè alcuni vicini li avevano sentiti litigare. Anche la madre di Aurelia - Annunziata Magliarella - si era allarmata. Poco dopo mezzanotte ha chiamato i carabinieri della Compagnia di Sacile. Aveva saputo della lite e aveva provato a telefonare alla figlia. «Non mi risponde, ho provato diverse volte ma non risponde», aveva detto. Quando i militari sono arrivati in via Martin Luther King, hanno trovato i poliziotti della Squadra Volante: dalla porta d'ingresso aperta si intravedeva l'albero di Natale, in giardino le luci illuminavano i giochi dei bambini, il piccolo calcetto balilla e la rete per divertirsi con i salti. Forciniti si era già costituito in Questura. Non ha mai detto di averla uccisa. «Mi ha aggredito da dietro mentre uscivo dalla camera da letto - è stata la sua versione - è comparso un coltello e ho reagito colpendo una sola volta». Come fosse arrivato quel coltello in camera non sa spiegarselo: «Era lì».
Cristina Antonutti
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Il Gazzettino