I medici in prima linea nel Covid Point: meno di 30 anni, appena laureati o specializzandi

I medici in prima linea nel Covid Point: meno di 30 anni, appena laureati o specializzandi
TREVISO La maggior parte ha meno di 30 anni. Alcuni si sono appena laureati, altri si stanno specializzando. Sono i medici in prima linea contro il coronavirus nei Covid Point...

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TREVISO La maggior parte ha meno di 30 anni. Alcuni si sono appena laureati, altri si stanno specializzando. Sono i medici in prima linea contro il coronavirus nei Covid Point dell'Usl della Marca. L'epidemia ha stravolto il consueto percorso formativo. E loro non si sono tirati indietro. Eseguono tamponi su migliaia e migliaia di persone. Con turni di almeno sei ore. Non c'è spazio per le pause. I ritmi sono incalzanti: un paio di minuti per tampone. E in questo breve lasso di tempo fanno l'impossibile per mettere a proprio agio gli utenti, rassicurarli, fare il test nel modo più delicato, in particolare sui bambini, e dare tutte le informazioni del caso.


Tra loro c'è Marco Donantoni, medico di 26 anni. Si è laureato lo scorso luglio a Padova. Adesso è nella trincea del Covid Point dell'ex dogana di Treviso, dove si superano stabilmente i mille test rapidi al giorno. Con il sogno, una volta terminata la bufera dell'epidemia, di continuare con la specializzazione in Medicina dello sport o in ortopedia.


Dottor Donantoni, innanzitutto, come si convive in prima linea con il timore di essere contagiati?
«Questo momento di pandemia richiede dei sacrifici dal punto di vista medico, e non solo. Ma siamo stati formati e abbiamo a disposizione tutti i dispositivi di sicurezza necessari. Poi ci sono gli screening periodici. Il rischio zero, si sa, non esiste. Ma stiamo facendo il nostro lavoro. Da una parte c'è un carico emotivo per il timore di essere contagiati, anche pensando ai nostri familiari. Dall'altra parte, però, questa epidemia fa ben capire in cosa consiste la professione del medico».


A proposito di famiglia, seguite precauzioni particolari quando tornate a casa?
«Nei punti tampone c'è tutto il necessario per farci sentire protetti. Oltre a questo, comunque, quando torniamo a casa stiamo attenti all'igienizzazione. Anche per quanto riguarda i vestiti. Si cerca di essere il più accorti possibile».


Nell'ex dogana di Treviso vengono eseguiti più di mille tamponi al giorno. Stando alle attuali percentuali, il 10% delle persone alla fine si rivela positivo al coronavirus. Come funziona la macchina organizzativa?
«Ci sono due postazioni, che potrebbero anche diventare tre. Ognuna conta 4 medici. E' divisa in più parti: quella amministrativa, quella esecutiva e quella della microbiologia. Questo permette di ricontattare le persone che risultano positive al tampone rapido nel più breve tempo possibile. Spesso vengono avvisati ancora prima che rientrino a casa. Così possono eseguire subito il tampone di controllo processato in biologia molecolare».


Gli utenti vengono inviati a fare il test dai medici di famiglia, dai pediatri o dal servizio di Igiene e sanità pubblica. Quando arrivano da voi sono spaventati?
«C'è preoccupazione. A volte ci sono richieste di chiarimenti in ambito lavorativo e scolastico. Alcuni bambini temono anche il tampone. Sotto gli 8 anni cerchiamo di eseguirlo nel modo meno invasivo possibile. Il test non fa male, ma può risultare fastidioso. Il nostro compito è cercare di tranquillizzare tutti. Prima ancora, comunque, viene fatto un grande lavoro di informazione direttamente dal dipartimento di prevenzione. E' fondamentale».


Nei giorni scorsi si sono formate lunghe code di auto. L'attesa è lievitata fino alle 4 ore. Quanto pesa una simile pressione?
«Le code sono legate all'enorme mole di lavoro portato avanti attraverso l'attività di tracciamento dei contatti. I ritmi sono serrati. Non riusciamo a fare pause. Si cerca far fronte alle attese incrementando il personale. Ma ciò che più conta è che si sta facendo davvero il massimo per creare il minor disagio possibile e per arginare la diffusione del virus».
M. Fav.

 

"Dal Covid ai dolori articolari, noi medici di base sotto pressione"

PADOVA - Dalle 9 alle 21 in ambulatorio, non stop. Ma il lavoro a quell'ora non è ancora finito visto che, una volta chiusi blocco delle ricette e pc, riposti fonendoscopio e misura pressione, e presa la strada di casa, il cellulare continua a suonare. Con sms e whatsapp, che arrivano pure a tarda sera.

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Il Gazzettino