LA STORIA Vincitore di Orizzonti all'ultima Mostra di Venezia, è uno dei

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LA STORIAVincitore di Orizzonti all'ultima Mostra di Venezia, è uno dei film italiani più interessanti dell'anno. A sorpresa: i timori della vicenda erano fondati. Primo perché...

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LA STORIA
Vincitore di Orizzonti all'ultima Mostra di Venezia, è uno dei film italiani più interessanti dell'anno. A sorpresa: i timori della vicenda erano fondati. Primo perché avventurarsi in biografie (anche anti) con personaggi così iconici e provvedere a smantellarne il mito, seguendo lo stesso percorso dell'artista in questione, è un'operazione ambiziosa, che può risultare maldestra; secondo perché Susanna Nicchiarelli, la regista di Nico, 1988, al suo terzo lungometraggio. E invece se la prima parte forse subisce ancora gli effetti ingrippati di una narrazione che non evita i tanti dialoghi e si lascia catturare da alcune situazioni didascaliche specie nella parte italiana, la seconda, da Praga in poi, si declina con uno sguardo europeo, capace di catturare una personalità così complessa e borderline, senza maledettismi a orologeria ma con una sensibilità rara, grazie anche alla monumentale recitazione di Trine Dyrholm, qui in veste anche di cantante, com'era in effetti in gioventù.

A partire dal titolo la presenza dell'anno subito dopo il nome è la dimostrazione di come la Nicchiarelli volesse concentrarsi solo sull'ultimo periodo della vita di Nico (che era tedesca e si chiamava Christa Päffgen), morta sulla soglia dei 50 anni, per un banale incidente in bicicletta a Ibiza. E d'altronde Nico stessa, dopo la folgorante carriera di modella e di musa di Warhol, nonché presenza dei Velvet Underground, ha fatto di tutto per cancellare il suo passato, come viene ricordato nel film, dentro e fuori le sue annoiate interviste: di quei tempi ricorda come si facessero di lsd ed è per quello che vuole essere chiamata con il suo vero nome e non quello d'arte. Intrapresa la carriera di solista, Nico ha tracciato un suo percorso personale (che è quello del film), cercando invano di scacciare quell'immagine iniziale.
Ricostruendolo con le testimonianze del figlio Ari (mai riconosciuto da Alain Delon, che nel film viene sostituito da un fotografo), la Nicchiarelli svela un intenso ritratto, cupo e disperato, ma anche dolentemente desideroso di serenità interiore, dove le performance musicali (Nibelungen a cappella e Ari's song mettono i brividi) rappresentano la sintesi degli accadimenti tragici e grotteschi, cui Nico non riesce a sottrarsi. Mescolando pochi ma disturbati materiali d'archivio firmati da Jonas Mekas con la carica fisica ed emotiva di un'attrice che domina un'artista così ingombrante, il film è in definitiva un road movie esistenziale con momenti folgoranti. Non è poco.

Adriano De Grandis
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino