LA STORIA TREVISO «Spero di poter restare e se mi cacciano almeno lo facciano

LA STORIA TREVISO «Spero di poter restare e se mi cacciano almeno lo facciano
LA STORIATREVISO «Spero di poter restare e se mi cacciano almeno lo facciano solo dopo che l'emergenza coronavirus sarà finita e io avrò dato una mano». Quando qualche...

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LA STORIA
TREVISO «Spero di poter restare e se mi cacciano almeno lo facciano solo dopo che l'emergenza coronavirus sarà finita e io avrò dato una mano». Quando qualche settimana fa le hanno proposto due offerte di lavoro, Elena, operatrice sanitaria con in tasca una diploma di infermiera ottenuto nel paese d'origine, non ha avuto dubbi: «Scelgo la casa di riposo anche se ci sono contagiati. È il mio lavoro stare con le persone ammalate e voglio rendermi utile». Così la 27enne, originaria dell'ex Unione Sovietica, ha voltato le spalle a un più sicuro impiego come badante per mettere le sue conoscenze in campo sanitario a disposizione di una residenza socioassistenziale dell'hinterland del capoluogo alle prese con la diffusione del Covid-19 tra gli ospiti.

IL PROBLEMA
Elena però rischia l'espulsione dall'Italia perché la sua storia, oltre al gesto coraggioso di scegliere un lavoro rischioso, ha anche un lato oscuro. Due anni fa è stata infatti condannata a 4 anni di reclusione in primo grado per concorso in favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. A metterla nei guai la conoscenza con un albanese ritenuto il regista di un giro di finti matrimoni contratti tra uomini italiane e donne straniere finalizzati a far ottenere alle spose la cittadinanza italiana. Decine e decine di nozze celebrate per convenienza tra cui, nell'ipotesi dell'accusa, anche quello di Elena con un 30enne di Treviso.
IL PASSATO

La 27enne era arrivata in Italia nel 2015 con un visto turistico che le era servito per scappare dalle violenze del padre e riabbracciare la madre, che da tempo lavora nella Marca come badante. Da lì a poco aveva conosciuto il giovane trevigiano, sposato dopo qualche mese. «Poi ho scoperto che faceva uso di droga e me ne sono andata» dice la giovane. Con la condanna è arrivata anche il decreto di espulsione contro cui Elena, assistita dall'avvocato Francesco Leone, aveva fatto appello, vincendolo. Per i giudici del Tribunale di Venezia la 27enne è ben integrata nel nostro tessuto sociale e sta saldando i suoi debiti con la giustizia attraverso le misure alternative. Ma il ministero degli interni ha fatto ricorso e ora il destino della 27enne è appeso alla decisione della Corte d'Appello, che arriverà nelle prossime settimane.
De.Bar
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Il Gazzettino