LA STORIA È un po' come la storia della pallina sul piano inclinato. Tutto

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LA STORIAÈ un po' come la storia della pallina sul piano inclinato. Tutto è iniziato lo scorso 2 novembre, quando Diego Armando Maradona è stato ricoverato presso la clinica...

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LA STORIA
È un po' come la storia della pallina sul piano inclinato. Tutto è iniziato lo scorso 2 novembre, quando Diego Armando Maradona è stato ricoverato presso la clinica Ipensa di La Plata a seguito di alcuni fastidi di natura fisica. Il suo medico di fiducia, il neurologo Leopoldo Luque, aveva spinto per il ricovero perché alcuni dati della cartella clinica non lo convincevano affatto. Non sembrava nulla di grave, ma poi la situazione è rapidamente precipitata nella giornata del 3 novembre.

LA PAURA
Le voci dall'Argentina prima sembravano infondate, poi tutto il quadro ha preso una sua forma ed è stato chiaro a tutti che Maradona avrebbe dovuto subire un intervento d'urgenza al cervello per rimuovere un ematoma subdurale. Nessuna forma di anemia, come era stato inizialmente diagnosticato all'ex fuoriclasse che da poco aveva compiuto 60 anni, e nemmeno nessun persistente stato di ansia e depressione.
I controlli più approfonditi hanno invece riscontrato la presenza di un ematoma cerebrale riconducibile a una caduta. «Potrebbe averlo avuto un mese fa come cinque anni fa», commentavano dall'entourage della famiglia, mentre la macchina organizzativa per l'intervento iniziava a mettersi in moto. Eliambulanza fino alla clinica Oliva di Buenos Aires ed intervento d'urgenza effettuato proprio dal medico di fiducia di Maradona, Leopoldo Luque. Per una notte intera Napoli e tutto il mondo del calcio è stato con il fiato sospeso. Il tutto fino alle parole di Luque. «Diego è lucido e molto tranquillo. Abbiamo anche ballato», aveva spiegato dopo l'intervento.
IL CASO
Intanto iniziano ad arrivare le prime indiscrezioni circa lo stato di salute di Maradona. A fornirle è Stefano Ceci, amico storico di Diego. «Avrà sbattuto la testa e non se ne sarà reso conto, capita dopo le pillole che prende per la mancanza del sonno».
Il tutto succedeva dopo che l'ex numero 10 del Napoli aveva affrontato un periodo di autoisolamento precauzionale per essere entrato in contatto con una guardia del corpo che si temeva fosse positivo al Coronavirus. Le dimissioni dalla clinica di Baires sono arrivate lo scorso 11 novembre, ovvero dopo 8 giorni dall'intervento d'urgenza al cervello. Da quel momento in poi, le informazioni sulle condizioni di Diego sono sempre state poche, ma nemmeno mai allarmanti.
Ecco perché la notizia della sua morte, arrivata nel pomeriggio di ieri, ha colto tutti di sorpresa. Si parlava anche di rivederlo sulla panchina del Gimnasia, la squadra che allenava prima di essere ricoverato a La Plata. Da quell'operazione, però, non si è mai più realmente ripreso e ieri a Tigre, si è spento per un arresto cardiaco e solo a quel punto la pallina che oramai aveva iniziato a rotolare vorticosamente verso il basso, ha fermato la sua corsa.
LA CAMERA ARDENTE

La salma del campione argentino sarà esposta in camera ardente nel palazzo presidenziale della Casa Rosada di Buenos Aires per tre giorni, da oggi fino a sabato, come confermano fonti della presidenza argentina. In questo modo, il pubblico potrà rendere omaggio alla leggenda del calcio deceduta ieri. Alcuni media argentini riportano che la salma sarà esposta nella sala dove l'ultima volta, dieci anni fa, fu allestita la camera ardente dell'ex presidente argentino Nestor Kirchner.
Bruno Majorano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino