La storia dell'assistenza sanitaria padovana ha inizio con l'ospedale di San Francesco

La storia dell'assistenza sanitaria padovana ha inizio con l'ospedale di San Francesco
La storia dell'assistenza sanitaria padovana ha inizio con l'ospedale di San Francesco Grande, fondato nella prima metà del Quattrocento per volontà di Baldo Bonafari e di sua...

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La storia dell'assistenza sanitaria padovana ha inizio con l'ospedale di San Francesco Grande, fondato nella prima metà del Quattrocento per volontà di Baldo Bonafari e di sua moglie Sibilla de Cetto. Occupava l'isolato tra le attuali vie San Francesco, del Santo e Galileo Galilei nel centro storico e disponeva di tutto quanto era allora necessario per renderlo una struttura autonoma. Inoltre, pur conservando lo spirito caritatevole delle numerose congregazioni e fraglie che nel Medioevo offrivano ospitalità a malati, indigenti, esposti e pellegrini, l'ospedale di San Francesco (oggi trasformato in Museo della Medicina, inaugurazione a novembre prossimo) ebbe fin dall'origine quell'impostazione prettamente terapeutica che continuò a svolgere fino al Settecento, quando le ormai antiche strutture edilizie, organizzative e la tecnologia disponibile divennero inadeguate.

Nella seconda metà del Settecento va infatti al vescovo Nicolò Giustiniani il merito d'aver sponsorizzato presso le autorità veneziane e i maggiorenti padovani la realizzazione del "Nuovo Ospedale", che successivamente venne dedicato proprio a lui: il Giustinianeo. La prima pietra fu posta il 20 dicembre 1778 in un luogo lontano dal "tumulto della città". In vent'anni il progetto ideato da Domenico Cerato prese corpo e sotto la Repubblica Veneta il Giustinianeo (due anni fa ristrutturato e abbellito con luci a led) divenne il centro sanitario di riferimento della Padova francese, austriaca, monarchica. I rapporti tra ospedale civile e Università furono precoci e fruttuosi come da una consolidata tradizione storiografica; infatti proprio presso l'ospedale di San Francesco si tennero, già alla metà del Cinquecento, le prime lezioni "cliniche" al letto del malato, in breve trasformate in veri e propri corsi pratici. Interazione che si rafforzò con l'inaugurazione dell'ospedale Giustinianeo che, da subito, ospitò "nel recinto e nelle sale del Nosocomio" le Cliniche medica e chirurgica.
Lo sviluppo dell'attività assistenziale e di studio comportò, con il tempo, un visibile ampliamento delle strutture edilizie nel corso del Novecento, quando vennero cantierizzati gli attuali Policlinico, il Monoblocco, alla metà degli anni Cinquanta la palazzina di Pediatria e quasi contemporaneamente tutte le altre Cliniche universitarie, facendo diventare l'ospedale una città nella città. Finchè a metà degli anni Ottanta si registrano i primi mugugni di medici e politici: il polo sanitario iniziava a stare stretto. È negli anni Duemila che la querelle sul "Nuovo polo della salute per Padova" trova deciso spazio di conversazione con idee e proposte: nuovo e in un'altra sede.

Una delle pochissime, autorevoli, voci fuori dal coro, quella dell'ex sovrintendente ospedaliero-universitario Giampietro Giron, che da dieci anni a questa parte va ripetendo come un mantra la sua tesi: il passo va fatto secondo la gamba. Così com'è l'ospedale non va, bisogna rifarlo, ma dove? La ricetta-Giron è ampliarlo verso est con una torre che si insedi tra via Cornaro e via Orus, ristrutturando in grande stile l'esistente, tagliando sui costi e ottimizzando i tempi. Giron ha sempre detto che crescere in altezza è la cosa più ovvia. Dove? Tra le malattie infettive, l'obitorio e il parcheggio, realizzare una struttura di dieci-dodici piani, dove metterci dentro magari il dipartimento materno infantile, l'area dell'emergenza o le chirurgie. Nella vicina area dell'ex Macello, effettuando un restauro conservativo senza toccarne l'impianto architettonico, si potrebbe realizzare un grande poliambulatorio. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino