LA SOMMOSSA PADOVA Il pretesto del Coronavirus per scatenare la guerriglia. Così

LA SOMMOSSA PADOVA Il pretesto del Coronavirus per scatenare la guerriglia. Così
LA SOMMOSSAPADOVA Il pretesto del Coronavirus per scatenare la guerriglia. Così Padova va ad allungare l'elenco dei penitenziari teatro di sommosse segnate da una violenza che...

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LA SOMMOSSA
PADOVA Il pretesto del Coronavirus per scatenare la guerriglia. Così Padova va ad allungare l'elenco dei penitenziari teatro di sommosse segnate da una violenza che pochi precedenti ha avuto in Italia. Detenuti barricati, un intero braccio della casa di reclusione distrutto. Mobili divelti, incendi, cariche degli agenti penitenziari che contano oltre dieci feriti.

Questo lo scenario che si è presentato domenica sera al Due Palazzi dopo che già nel tardo pomeriggio alcuni carcerati del circondariale si erano rifiutati di rientrare nelle celle. Dopo le prime notizie sui disordini registrati a Modena, Salerno e Milano, la tensione era nell'aria. Quel primo episodio, nonostante l'arrivo dei pompieri per illuminare il piazzale a scopo preventivo, si era riassorbito. Poco più tardi però la ferocia di un'azione evidentemente organizzata da ore se non da giorni è esplosa nella casa di reclusione. In un braccio del quarto piano una quarantina di detenuti stranieri si è barricata distruggendo le telecamere, la sala comune con la televisione e i frigoriferi ma anche la palestra con tutti gli attrezzi e il biliardino. Nel mentre hanno sradicato le brande in ferro dalle celle e divelto i tavoli, ammassandoli a ridosso del cancello del terminale, e piegato verso l'esterno le sbarre di sicurezza creando una barriera acuminata per impedire l'avanzamento della polizia.
L'INTERVENTO
Gli agenti sono stati chiamati in forze in tenuta antisommossa, trovandosi proiettati in un girone infernale dove alle devastazioni sono seguiti gli incendi appiccati a materassi e vestiti. L'ambiente si è saturato di fumo, estintori e pompe idrauliche hanno soffocato le fiamme ma allagato i pavimenti mentre la carica si trasformava in scontro fisico sotto una sassaiola di oggetti. Dopo una lunga trattativa solo alle 22 i detenuti hanno ceduto e sono stati riaccompagnati in quel che restava delle celle. Nel braccio uno scenario irreale. Dieci agenti hanno rimediato contusioni e lievi intossicazioni: in alcuni casi li costringeranno a un periodo di malattia che renderà ancor più instabili e difficoltose le condizioni dei colleghi.
PLACATI
Nella giornata di ieri non si sono verificati altri disordini importanti, ma a rendere la situazione ancor più esplosiva è l'arrivo di quindici detenuti trasferiti dal penitenziario modenese uscito semi distrutto da due giorni di guerriglia. Sono separati dagli altri, ma avrebbero già protestato creando ulteriori tensioni. Nel parapiglia di domenica i detenuti hanno protestato contro le nuove norme imposte per contenere il rischio di contagio, che comprendono anche la sostituzione dei colloqui di persona con i familiari con quelli telefonici. Una versione che cozza con la pretesa che gli agenti della penitenziaria non lascino il carcere per evitare di portare all'interno il virus. Da questo si è passati alla richiesta della libertà per chi sconta pene inferiori a tre anni fino all'indulto e all'amnistia. Provvedimenti per altro inattuabili dalle singole carceri poiché di competenza statale.

Il pubblico ministero marco Brusegan aprirà un'indagine per identificare tutti i responsabili, che sarebbero stati fomentati da almeno cinque stranieri. Non avrebbero invece partecipato alla rivolta i pochi detenuti italiani del braccio, chiusisi nelle celle. Gli altri rischiano invece pesanti aggravi della pena e un regime di detenzione più severo, nonché il trasferimento in altre strutture. La segreteria nazionale del sindacato di polizia Sinappe ha scritto al premier Conte chiedendo il commissariamento del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e un urgente piano di assunzioni per far fronte alla carenza di personale, oltre a un ritorno al sistema carcerario a celle chiuse, cioè senza che i detenuti siano liberi di circolare nelle sezioni per gran parte del giorno com'è oggi. «Vogliamo risposte. É inaccettabile essere lasciati soli e in numero impari davanti a minacce di questo calibro quando ai detenuti sono concesse attività e libertà smodate» aggiunge la segreteria regionale del sindacato nel ringraziare a augurare la pronta guarigione ai feriti.
Serena De Salvador
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Il Gazzettino