La sede c'è: i clochard ora sono ex

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«Domani (oggi ndr) verrà un mio amico per aiutarci a utilizzare gli spazi: qui ci sarà lo spazio per le attrezzature, di sopra un piccolo ufficio, i bagni una stanza dove mangiare». A Ugo Benvenuto brillano gli occhi mentre gira per il capannone di Biban di Carbonera. Dentro non c'è ancora niente, ma lui già se lo immagina completo e pieno di attività. Assieme a Luciano Lucca sta portando a termine l'impresa da tutti ritenuta impossibile: dare vita a una cooperativa formata da senza fissa dimora come lui. Da quando si è cominciato a parlare del loro progetto le cose hanno cominciato a viaggiare a velocità doppia. Grazie all'aiuto dell'associazione Veneti schiacciati dalla crisi i problemi economici si sono risolti, senza contare alla mobilitazione generale per aiutarli, una vera gara di solidarietà che ha coinvolto il comune di Treviso, la Caritas, don Carlo Velludo, imprenditori di ogni tipo. Tanti sforzi che hanno prodotto il primo risultato: la consegna del capannone che diventerà sede della cooperativa SocialTarget e del furgone. Un piccolo evento per Ugo e Luciano. Accanto a loro Giovanni Guzzi, 45 anni di Como e Amos Col, 42, trevigiano: anche loro senza fissa dimora, anche loro pronti a rimboccarsi le maniche per riprendersi in mano la propria vita. «Siamo contentissimi - dice Ugo - in una decina di giorni saremo pronti per cominciare. Il Comune di Treviso ci darà dei mobili, un piccolo imprenditore invece ci metterà a disposizione dei macchinari. C'è tanta attesa: cominceremo in quattro, ma sono almeno cento quelli che aspettano». Ugo si sta già muovendo: prima di cadere in disgrazia era un imprenditore e adesso sta attingendo a piene mani alla sua esperienza per guadagnare commesse. La cooperativa si occuperà di assemblaggio per conto terzi e piccole manutenzioni: «Mi è tornato l'entusiasmo - dice - e questo mi fa andare avanti. Adesso vogliamo solo lavorare anche perché sentiamo molta responsabilità. In tanti mi fermano per chiederci un impiego, persone con storie normali». Il paradosso è questo: loro che non hanno niente sono diventati la speranza di chi qualcosa ce l'ha ancora ma teme di perderla. All'inaugurazione del capannone non poteva mancare la benedizione di don Carlo Velludo - «Senza di lui non saremmo mai partiti», ammettono Ugo e Luciano - oltre a lui Nicolò Rocco, consigliere comunale del Pd, e qualche amico. Attorno tanti sorrisi per un futuro tutto da inventare.

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Il Gazzettino