«La scuola di oggi? Va molto meglio»

«La scuola di oggi? Va molto meglio»
BELLUNO - (d.t.) Chi l'ha detto che la scuola è fucina di insegnamento? «Prima di tutto è luogo di pensiero». Parole e musica di Paolo Fratte, dirigente scolastico dei Licei...

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BELLUNO - (d.t.) Chi l'ha detto che la scuola è fucina di insegnamento? «Prima di tutto è luogo di pensiero». Parole e musica di Paolo Fratte, dirigente scolastico dei Licei Renier, una delle scuole più grandi della provincia: cinque indirizzi di studio, 830 alunni, un centinaio di insegnanti, una cinquantina tra personale amministrativo e bidelli. Insomma, una piccola comunità, molto più popolosa, ad esempio, di tanti Comuni del Cadore e dell'Agordino. Non deve essere certo facile far girare la macchina e gestire una scuola del genere. «La sfida è lavorare insieme per far funzionare tutto: è un bellissimo lavoro - spiega Fratte, preside da 11 anni, prima a Cortina, poi al Brustolon di Belluno e da qualche anno al Renier -. Mi manca insegnare e mi manca il rapporto con i ragazzi. Ma anche fare il preside dà grande soddisfazione. Non credo ai problemi organizzativi se non per il fatto che una buona organizzazione evita i conflitti. Il compito di un preside non deve essere quello di incastrare gli orari e far suonare la campanella. Deve essere quello di permettere che tutti vedano rispettati i loro diritti, che i ragazzi possano crescere dimostrando le loro capacità e peculiarità». Ieri mattina, per il primo giorno di scuola, ha fatto il giro delle classi prime e ha incontrato i nuovi arrivati. Che messaggio ha lanciato loro? «Nessun messaggio. Ho solo detto ai ragazzi che la scuola sono loro e che devono stare bene a scuola, in un luogo in cui ci si occupa di umanità più che di matematica, filosofia, geografia e le altre materie».

Insomma, un mondo ideale, o giù di lì. Ma come è cambiata la scuola? «In meglio. In molto meglio. I ragazzi sono più aperti e più preparati. Gli insegnanti hanno accresciuto la loro consapevolezza. È migliorata anche la praticità: prima si guarda a cosa si deve fare, e poi lo si fa. C'è meno serialità e più elasticità. La scuola è prima di tutto luogo di pensiero, l'insegnamento viene dopo. Anche perché il materiale di lavoro è dolente e paziente: quando ci si muove, bisogna stare molto attenti a ciò che si fa o si dice».
Quindi le riforme della scuola non sono dannose.

«Parlar male della scuola significa non capire cosa avviene nella scuola». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino