LA RICERCA Un gruppo di ricercatori statunitensi ha creato in laboratorio un

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LA RICERCAUn gruppo di ricercatori statunitensi ha creato in laboratorio un embrione ibrido uomo-pecora, in cui una cellula su 10.000 è umana, con la stessa tecnica utilizzata lo...

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LA RICERCA
Un gruppo di ricercatori statunitensi ha creato in laboratorio un embrione ibrido uomo-pecora, in cui una cellula su 10.000 è umana, con la stessa tecnica utilizzata lo scorso anno per la chimera uomo-maiale ma con risultati decisamente migliori, visto che in quel caso il rapporto era di una a 100mila. L'annuncio ha immediatamente provocato perplessità e critiche da parte degli scienziati ma anche e soprattutto dei bioeticisti che avevano bocciato queste pratiche, con diversi documenti, già dalle prime sperimentazioni che risalgono ormai a 20 anni fa e che hanno visto coinvolti, fra gli altri animali, anche scimmie, mucche e conigli.

A renderlo noto è stata l'università della California Davis e da quella di Stanford, con una presentazione al meeting della American Association for the Advancement of Science. L'ibrido è stato ottenuto introducendo cellule staminali adulte riprogrammate nell'embrione di pecora, che poi è stato lasciato crescere per 28 giorni, il massimo per cui l'esperimento aveva ottenuto l'autorizzazione, di cui 21 nell'utero di un animale. Nel periodo le cellule umane si sono riprodotte, spiega Pablo Ross, uno degli autori, anche se per arrivare alla possibilità di avere un intero organo serve un rapporto di uno a 100. Nella stessa presentazione i ricercatori hanno spiegato di essere riusciti ad ottenere embrioni di pecora e maiale privi del pancreas grazie alla tecnica Crispr di copia e incolla del Dna, un passo ulteriore per far ospitare agli animali gli organi umani. Il prossimo passo sarà chiedere l'autorizzazione a far crescere gli embrioni per 70 giorni, per verificare l'evoluzione dei tessuti. Uno dei possibili problemi, ammette lo stesso Ross, è l'eventualità che l'animale sviluppi una mente umana. «Ma - spiega - se dovessimo accorgerci che le cellule finiscono nel cervello non proseguiremmo l'esperimento».
GLI INTERROGATIVI
I dubbi bioetici, spiega il direttore scientifico dell'Ospedale Bambino Gesù di Roma Bruno Dallapiccola, non sono i soli che accompagnano questi esperimenti: «La mia considerazione, al di là dei problemi etici che derivano dall'aver creato un oggetto che è così contro natura, è che non vedo l'utilità di questi test. Se l'idea è far funzionare questo metodo in funzione dei trapianti, se si ha una cellula umana con una animale non si risolve il problema del rigetto».

D'accordo con questa analisi, condivisa anche da un documento del Comitato Nazionale di Bioetica, anche il direttore del Centro di Ateneo di Bioetica dell'Università Cattolica Adriano Pessina. In estrema sintesi, rileva il bioeticista, «le obiezioni nei confronti di queste ricerche, peraltro già espresse da vari documenti, sono sia di natura scientifica, perché l'eventuale creazione di organi biologicamente compatibili con l'uomo non supera affatto tutte le questioni del rigetto e delle possibili violazioni delle barriere specifiche in ordine alla trasmissione di malattie, sia di natura etica e antropologica mettendo in conto che l'uomo, la persona umana, non può essere esposta, in termini simbolici e in termini biologici alla possibilità di una ibridazione, per ora di un insieme di cellule, di cui non si possono prevedere né gli esiti né l'estensione».
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Il Gazzettino