«La Regione blocchi gli impianti idroelettrici»

«La Regione blocchi gli impianti idroelettrici»
IL CASOUDINE Le questioni sappadine ora cominciano a diventare affare quotidiano del Friuli Venezia Giulia. La riprova si è avuta ieri, quando diverse associazioni ambientaliste...

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IL CASO
UDINE Le questioni sappadine ora cominciano a diventare affare quotidiano del Friuli Venezia Giulia. La riprova si è avuta ieri, quando diverse associazioni ambientaliste e comitati per la salvaguardia del territorio friulani e veneti si sono dati appuntamento all'Aquatona sul Piave per chiedere alla Regione Fvg di stoppare la realizzazione di due impianti idroelettrici sui primi chilometri del fiume, quelli prossimi alla sorgente e quindi passati al Friuli come tutto il territorio sappadino. Il Piave (o la Piava, come chiamano il corso d'acqua i sappadini) è lungo 222 chilometri e di questi, è stato ricordato, «l'unico tratto esente da derivazioni sono i circa 28 chilometri dalla sorgente alla diga Tudaio. Un argomento questo che, a nostro avviso, è sufficiente per dichiarare improcedibili le domande», ha sostenuto il Comitato bellunese acqua bene comune che ha lanciato l'appello alla Regione Fvg insieme a tutte le altre sigle presenti ieri: Legambiente Fvg (presente anche con diversi ragazzi friulani che hanno appena concluso i campi di formazione organizzati dall'associazione), Comitato tutela delle Acque del Bacino del Tagliamento, Assieme per il Tagliamento, Peraltrestrade Carnia-Cadore, Cai Tam Veneto-Fvg, Cai Veneto, Legambiente Veneto, Italia Nostra Belluno, Wwf, Mountain Wilderness e i rappresentanti dei Bacini di pesca di Comelico-Sappada e di Piave Belluno. Il primo progetto, sul quale «le associazioni hanno presentato due ricorsi», ha spiegato Giovanna Deppi del Comitato per l'acqua bene comune, si trova a monte dell'abitato di Sappada, in val di Sesis a 1411 metri d'altezza, e il rilascio è previsto vicino al mulino del Paese. Il luogo è un cosiddetto «sito di riferimento» sui quali «non si possono realizzare impianti così come sui torrenti naturali», ha proseguito Deppi. Tuttavia, la storia dell'autorizzazione di questo impianto che ha già avuto il via libera della Regione Veneto, della commissione Via e sul quale non si è opposto il Tribunale delle acque di Roma cui gli ambientalisti si sono rivolti è un'altra. Nel 2017, si è ricordato ieri, il Tribunale «ha rigettato il ricorso delle associazioni perché, pur riconoscendo che il tratto dalle sorgenti a Sappada è di classe elevata e che è sito di riferimento, l'autorizzazione è stata rilasciata il 2 ottobre 2013, precedentemente alla corretta classificazione del tratto di fiume, avvenuta il 28 ottobre 2013». Posizioni che, secondo le associazioni, sarebbero in contrasto con la Direttiva Acque dell'Unione europea, tanto da spingerle a depositare poche settimane fa un ricorso in Cassazione. Il secondo impianto nel mirino è quello progettato a valle dell'abitato di Sappada, sempre sul Piave. La prima domanda risale al 1984, poi il progetto è stato aggiornato nel 2012 e nel 2016. In questo caso deve essere ancora avviata la procedura di Via e ora la competenza è della Regione Fvg. Da qui l'appello all'amministrazione regionale affinché «rigetti ambedue i progetti dando prova di sensibilità e rispetto ambientale, in considerazione del grande valore ambientale e paesaggistico di questi luoghi, meritevoli di ben altro tipo di valorizzazione».

Antonella Lanfrit
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Il Gazzettino