IL CASOTREVISO «Mi piange il cuore. Con la chiusura della Pasticceria 300 perdiamo uno dei luoghi simbolo della pasticceria trevigiana». Alessandro Ardizzoni, altro nome storico...
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TREVISO «Mi piange il cuore. Con la chiusura della Pasticceria 300 perdiamo uno dei luoghi simbolo della pasticceria trevigiana». Alessandro Ardizzoni, altro nome storico per la città e figlio d'arte, spiega che con i 300 se ne va un'epoca. «Personalmente perdo un amico, perchè Bepi, tra i pasticceri trevigiani, è quello che sentivo più vicino a me. Ci siamo sempre sostenuti e aiutati. Forse abbiamo la stessa idea di pasticceria: amiamo la tradizione. Arrivo a dire che questo è un vuoto incolmabile».
TROPPI PROBLEMI
Burocrazia che picchia duro, leggi assurde che consentono l'apertura di esercizi simili ad una manciata di metri. «Così si perde la tradizione, si perdono professionalità e storie artigiane di grande valore» fanno eco da Netto, il locale storico dei dolci di Marca, aperto nel 1947. «Io ho fatto il mio tempo, e credo di aver dato molto in questi 50 anni alla città -conferma Luigino Netto- Ma le cose ora sono davvero difficili per le generazioni più giovani. Si lavora moltissimo e si fatica ad andare in pari. È un problema enorme che viene sottostimato, ma presto nessuno si dedicherà più alla pasticceria». Massimo Albanese, titolare della pasticceria da Max in via Canova e a San Giuseppe, concorda: «Il margine di guadagno è minimo. La pasticceria ha bisogno di molto lavoro manuale, di persone. Questo è il suo valore aggiunto, ma ovviamente implica anche dei costi che altre attività non hanno. Sapevo purtroppo della decisione di Bepi di chiudere. Mi rammarica moltissimo, perchè perdiamo un sapere importante. E anche perchè i 300 hanno segnato la storia di via Monfenera e di tutta la città». Sette dipendenti a casa, due collaboratori di lungo corso che si sono licenziati, i costi dell'affitto e gli obblighi burocratici sempre più pressanti. Così Giuseppe Zamparo ha deciso di dire stop e ha affisso il cartello con la chiusura. «Ora tutti si dispiacciono, un locale diventa storico e importante solo quando chiude. Prima però. Quando quotidianamente ci si impegna a tenere viva una bottega è tutto normale, si fa fatica a considerare i sacrifici enormi che un artigiano fa per continuare a garantire un servizio». Ad essere insostenibile è ormai la concorrenza che tutti gli esercizi si fanno: non solo pasticcerie ma bar, edicole, raccolte fondi. «Oggi tutti vendono dolciumi, cioccolata e caramelle». Con un sistema così schizofrenico è difficile riuscire ad andare avanti.
LA SPERANZA
«La decisione era nell'aria da un po' di tempo, ma tutti speravamo che in qualche modo Bepi riuscisse a trovare una soluzione» spiegano gli altri pasticceri della città. «Certo che diventa davvero difficile quando si ha anche un affitto da pagare - sottolinea Ardizzoni- io per fortuna lavoro sul mio, ho ereditato i muri da mio padre. Altrimenti, nonostante il lavoro - e a Bepi quello non è mai mancato- si deve alzare bandiera bianca». Dici 300 e pensi alle parigine, ai bignè alle straordinarie frolle, alle nuove, stratosferiche, veneziane vegan. Perdere quei sapori è come lasciar andare la festa il profumo delle riunioni famigliari, le domeniche, i compleanni. Un mondo dove si fa fatica a considerare la fatica di una scelta di vita. Orari impossibili, molto lavoro per dare gusto e dolcezza alle giornate di tutti. Ma questo tipo di artigianalità non è sempre tutelata. «Finchè non si capirà la vera differenza tra una pasticceria con ingredienti di prima qualità e il mondo del surgelato e precotto, tutte le nostre attività sono a rischio» concludono i pasticceri trevigiani.
Elena Filini
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Il Gazzettino