La mozione unitaria del centrodestra: basta veline, non aiuteremo il premier

La mozione unitaria del centrodestra: basta veline, non aiuteremo il premier
LA CONTROMOSSAROMA L'ultimo vertice prima che Conte prenda la parola alla Camera si terrà questa mattina alle 10. Perché fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio. Serrare i...

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LA CONTROMOSSA
ROMA L'ultimo vertice prima che Conte prenda la parola alla Camera si terrà questa mattina alle 10. Perché fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio. Serrare i ranghi fino all'ultimo secondo utile, mostrare compattezza attraverso una risoluzione unitaria con tutti dentro, cespugli compresi. Al quinto giorno di crisi, la war room messa in piedi dal centrodestra si trasforma in un rapido giro di telefonate tra i vari leader. Perché, evidentemente, la domenica è giorno di riposo anche per i comunicatori in servizio permanente effettivo. Sottotraccia, tuttavia, il lavorio per evitare fughe in avanti continua.

LE VOCI
Anche perché le voci circolano. Da ambienti di maggioranza si insinua che i centristi di Lorenzo Cesa stiano tornando nuovamente nella partita dei costruttori, nonostante la nota di due giorni fa in cui si chiamavano fuori dai giochi di palazzo. Si ipotizzano strategiche assenze tra le fila di Forza Italia, tanto quanto basterebbe a Conte per dimostrare - numeri alla mano di non avere bisogno di Italia viva, anche se non raggiungesse al Senato la maggioranza assoluta.
L'obiettivo è quello di dare prova di compattezza sin da subito. «Basta con le veline di palazzo Chigi che cercano di insinuare il dubbio, da noi non verrà nessun aiuto al governo», assicurano dai vari partiti del centrodestra.
La prova plastica di questa unitarietà è in una breve e coincisa risoluzione sottoscritta da tutta la coalizione, in cui sostanzialmente si dice che «sentite le comunicazioni del presidente Conte» e preso atto del «fallimento del governo» sia sul fronte della pandemia che su quello delle misure economiche, le suddette comunicazioni «non si approvano».
Un testo su cui non si arriverà mai alla conta, giacché la liturgia del palazzo, già pre-orchestrata, prevede che lo stesso presidente del Consiglio chieda prima la fiducia sulla risoluzione a sostegno presentata dai partiti che (ancora) appoggiano il governo. Ma è comunque ai numeri che tutti guarderanno oggi. Perché una soglia di poco superiore ai 316 della maggioranza assoluta è un film, un ampio consenso sarebbe tutta un'altra storia. «A quel punto è chiaro che nella notte prima del voto in Senato tutti i giochi si possono riaprire», ammette uno dei big del centrodestra.
Facile, ora, far finta di non avere ricette diametralmente opposte in caso si centrasse mai l'obiettivo. Salvini ha esplicitamente messo sul piatto l'ipotesi di un governo di centrodestra, un messaggio sia agli indecisi terrorizzati dall'idea che si torni al voto, sia al presidente della Repubblica. Sulla stessa linea ci sono Silvio Berlusconi e Forza Italia. «Noi siamo pronti, mi pare che la sinistra non stia dando un grande spettacolo di serietà», chiosa Antonio Tajani. Nè gli uni né gli altri, poi, escludono l'ipotesi di un esecutivo di unità nazionale. Continua a non essere, però, la strada maestra per Fdi. Per Giorgia Meloni «l'unica via percorribile rimane la stessa: elezioni subito. Basta perdere tempo».

Barbara Acquaviti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino