La guerra di posizione, la guerra di trincea, termini ormai desueti, sequenze che possiamo rinvenire in qualche vecchio documentario. O tutt'al più da un immaginario collettivo...
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Malaguti crea intrecci. Costruisce parole, non solo le usa. Ha una voce personalissima insomma, un timbro teso, a tratti lirico, eppure realista. Così è che sa trascinarci nella disfatta di Caporetto, la ritirata sul Piave, la sconfitta del Tagliamento e tutto quello che segue prima della vittoria. Ma soprattutto ci racconta l'uomo. L'uomo nella sua accezione più alta, tramite la voce del protagonista, chiamato il Vecio, non perché lo sia davvero, semplicemente perché è uno tra i pochi a riuscire a rientrare sempre vivo in trincea dopo mesi di battaglia.
L'uomo si diceva, dotato di audacia, intelligenza, ma anche paura quando la paura diventa conformità a un male che pare inevitabile. Soprattutto Malaguti mette bene in luce le brutalità e il sadismo degli alti ufficiali, di chi non era appagato di uccidere il nemico, ma per un nonnulla assassinava anche i suoi sottoposti: bastava esitare sulla linea nemica o, addirittura, salutare un comandante con la sigaretta in bocca. Nello specifico il sadico in questione è Andrea Graziani ed è attorno a lui che si struttura il giallo. E qui entriamo in una narrazione parallela che non è più datata 1917, ma 1931. Sono le 6 di mattina quando l'ispettore Malossi viene svegliato e spedito ai margini di una linea ferroviaria dove, pare, un uomo sia morto per una caduta dal treno. Un uomo potente, niente di meno che il Luogotenente Generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, Andrea Graziani, il generale fucilatore, il boia, così era chiamato soprattutto durante i giorni di Caporetto. Ci sono un bel po' di motivi per pensare che non sia una morte accidentale ma un assassinio, anche se le alte sfere di Roma spingono Malossi a non indagare per celebrare in tutta fretta un eroe della patria. Un romanzo equipaggiato di una verticalità in grado di farci rivalutare, a cent'anni dalla disfatta di Caporetto, le scelte di ciò che si è voluto mitizzare rispetto alla censura di come sia avvenuta una strage.
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Il Gazzettino