Due testamenti contrastanti, ma entrambi riconosciuti come autentici. E un patrimonio stimato nell'ordine del milione di euro, conteso tra quattro cugini. Sono gli ingredienti del...
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In base al testamento sottoscritto oltre un anno prima della morte Ficicchia risultava erede del patrimonio dell'ottuagenaria, in parti uguali con gli altri tre nipoti. Avrebbe dovuto in altre parole dividere con i cugini Pietro, Maurizio e Marilena Rosso (i primi due costituiti parte civile nel processo, ndr) il patrimonio lasciato dalla zia: una casa, un negozio, titoli e contanti per circa un milione di euro di valore complessivo. Orfelia Rosso era stata ricoverata a lungo all'ospedale di Camposampiero con un quadro clinico compromesso. L'anziana risultava affetta da una grave demenza con vasculopatia cronica. Secondo l'accusa, rappresentata dal pubblico ministero Vartan Giacomelli, Orfelia Rosso non sarebbe stata in grado di redigere in forma autonoma alcun atto testamentario a partire dal 26 febbraio di tre anni fa, data delle sue dimissioni dal Pietro Cosma. Il testamento olografo in cui Mario Ficicchia viene indicato come suo erede universale risulta redatto il 28 maggio, cioè tre mesi prima della morte dell'anziana. Il 59enne padovano l'ha fatto pubblicare e trascrivere venti giorni dopo il decesso. I cugini hanno sostenuto che quell'atto non poteva essere autentico ma la perizia grafologica redatta dalla dottoressa Marina Salmaso ha confermato che l'atto, pur con grafia incerta, sarebbe stato scritto da Orfelia Rosso. Stando all'ipotesi accusatoria l'anziana l'avrebbe redatto sotto la dettatura del nipote che l'ha assistita fino agli ultimi istanti di vita. Ora Calicchia deve difendersi dall'accusa di circonvenzione di incapace. Prossima udienza il 27 marzo, quando sfileranno in aula i testi citati dalla difesa. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino