«La fuga dei cervelli legata alla corruzione»

«La fuga dei cervelli legata alla corruzione»
«Ci sono tante segnalazioni su questioni universitarie, spesso sui concorsi». Raffaele Cantone, il magistrato presidente dell'Anac, l'Autorità nazionale anticorruzione,...

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«Ci sono tante segnalazioni su questioni universitarie, spesso sui concorsi». Raffaele Cantone, il magistrato presidente dell'Anac, l'Autorità nazionale anticorruzione, denuncia un collegamento tra quella che viene definita «fuga di cervelli» (i talenti della ricerca scientifica o i nostri migliori laureati che vanno a lavorare o insegnare all'estero) e il nostro sistema universitario. Una storia non nuova, come ammette lo stesso Cantone. E che per lui ha una ricetta: «La trasparenza. La trasparenze evidente, che renda difficile quanto si sta verificando adesso. La tracciabilità dei concorsi».

«C'è un grande collegamento, enorme, tra fuga di cervelli e corruzione» è la tesi di Cantone che parlando a Firenze, in occasione di un convegno, ha fatto anche un paio di esempi, sia pure non specificando nei dettagli i casi. «In una università del Sud è stato istituzionalizzato uno “scambio”: in una facoltà giuridica è stata istituita una cattedra di storia greca e in una facoltà letteraria una cattedra di istituzioni di diritto pubblico. Entrambi i titolari erano i figli di due professori delle altre università. Credo che questo sia uno scandalo».
«Sull'università - ha aggiunto - proveremo a fare linee guida ad hoc, che non vogliono burocratizzare ma provare a consentire l'esercizio della discrezionalità». Ma qual è la dimensione della «fuga di cervelli»? Non ci sono dati certi, ma stime (fonte: Cnr/Migrantes) che indicano che lasciano l'Italia tremila ricercatori ogni anno. Non si tratta di normale mobilità tra Paesi, come conferma il saldo negativo per l'Italia che è un -13,2% tra i dottorati in ricerca. Il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini si vantò nel febbraio scorso di trenta italiani ricercatori premiati in Europa. Ebbene di questi trenta più della metà, 17, lavorano all'estero. Naturalmente, il fenomeno non è certo legato solo alle porte sbarrate e al sistema di raccomandazioni negli Atenei, ma è il segnale di un malessere grave del nostro sistema universitario. Cantone ha parlato anche della riforma Gelmini, ma alcune sue dichiarazioni «ha finito per creare più problemi di quanti ne ha risolti» e che «ha istituzionalizzato il sospetto che ci possano essere rapporti di parentela all'interno dello stesso dipartimento» le ha poi rettificate dopo la reazione dell'ex ministro dell'Istruzione. «Mi spiace che un uomo come lui pensi che un ministro debba chiudere gli occhi di fronte a tanti casi di parentopoli e raccomandazione negli Atenei» aveva commentato infatti Mariastella Gelmini.
Il riferimento è a uno dei punti della riforma che risale a sei anni fa, in questa parte volta proprio a contrastare i baronati. La norma a cui ha fatto riferimento Cantone è quella che proibisce che nelle università possano partecipare alla chiamata a professore di ruolo e associato chi era legato fino al quarto grado di parentela con altri docenti dell'ateneo, rettore, direttore generale, o un componente del Cda. «Ho detto che è un paradosso che si sia dovuti ricorrere a una legge e che malgrado la legge, questo divieto continui ad essere aggirato e noi riceviamo molte segnalazioni. Ma il divieto lo condivido» spiega Cantone in serata. L'aggiramento è intuitivo: lo scambio di raccomandazioni in diversi atenei («io assumo il tuo protetto, tu assumi il mio»). Mariastella Gelmini rivendica i valore della sua riforma: «Non è la panacea di tutti i mali, si deve fare di più valorizzando il merito, ma è la strada giusta».

Un malessere vecchio, come ammette Cantone, che non pensa di aver detto qualcosa di nuovo. Da una ricerca dell'Eurostat (datata 1970) la modalità di trovare lavoro in Italia era per il 70% quella della conoscenza diretta, di familiari, amici, potenti. E che, per l'Università contribuisce certamente - con le ridotte risorse destinate alla ricerca - alle cattive pagelle internazionali dell'Università italiana. L'accreditata recente graduatoria Times Higher Education classifica tra i primi duecento al mondo solo due atenei italiani, entrambi di Pisa, la Normale e la Scuola Superiore Sant'Anna.
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Il Gazzettino