La difesa della compagnia: non possiamo conoscere le malattie del nostro personale

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DUSSELDORF - Come è possibile che un giovane che soffriva di problemi psichici, e probabilmente anche di vista, fosse alla guida di quell'aereo da solo? Le rivelazioni su Andreas Lubitz scuotono l'opinione pubblica tedesca, ma non possono distrarre dalla questione enorme delle responsabilità: e le risposte che tutti attendono, le deve dare Lufthansa. «Crolla un mito», titola Spiegel. Mentre la stampa di tutto il mondo fa i calcoli sulle richieste di risarcimento a cui è esposta: uno dei conti più salati arriva fino a 320 milioni. Lufthansa però chiarisce: «Noi non conosciamo le eventuali malattie del personale, nel caso dei piloti ci atteniamo al giudizio di medici che ne certificano l'idoneità al volo, la non idoneità o l'idoneità con riserva», spiega Helmut Polksdorf. In questa "riserva" potrebbe essere contemplato «il caso dell'uso obbligatorio degli occhiali, ad esempio», ripete più di una volta, poco prima che emerga dal Nyt che Lubitz soffriva, fra l'altro, proprio di un problema agli occhi, forse di natura psicosomatica. «L'idoneità al volo viene verificata e certificata ogni anno dai medici specializzati di un'istituzione federale: il Luftfahrtbundesamt», aggiunge. La compagnia non sarà dunque l'unica a dover fare i conti con l'inchiesta giudiziaria sul disastro. Polksdorf sta sempre molto attento a non inciampare nel caso Lubitz: «Di lui non posso parlare, perché vige per noi la privacy sui dati personali anche dopo il decesso». Ma si presta a fare un po' di chiarezza sul quadro delle regole generali. «Ogni pilota prima di essere assunto da noi affronta un test severo, atto a certificarne le condizioni fisiche e psicologiche. Dopo l'assunzione, che avviene nel caso in cui il test sia superato, i piloti si sottopongono a controlli annuali, cosiddetti "medical", che anche in questo caso ne testano condizioni fisiche e psichiche». Nel caso in cui un pilota fosse dichiarato inidoneo al volo, esistono diverse possibilità: «Il reimpiego nel personale di terra è possibile, ma non garantito», spiega il portavoce.
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Il Gazzettino