La città bambina

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PORDENONE - È Valeria Golino, vestita di quel suo particolare carisma semplice ed enigmatico, a leggere l'incipit del racconto La Sposa, primo dei 17 racconti che compongono...

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PORDENONE - È Valeria Golino, vestita di quel suo particolare carisma semplice ed enigmatico, a leggere l'incipit del racconto La Sposa, primo dei 17 racconti che compongono l'omonimo libro di Mauro Covacich edito da Bompiani. Alcuni sono racconti ispirati a fatti reali («i più pazzeschi»), altri sono inventati («quelli che appaiono più vicini alla realtà»), diversi rompono l'intercapedine tra realtà e finzione portando la sua vita nel libro. Tra i personaggi ispirati alla realtà c'è Pippa Bacca, che si è fatta performance vivente facendo l'autostop in abito nuziale, diventando sposa del mondo, figura che diventa lirica e trasognata nella delicata lettura della Golino, che recita in sottrazione lasciando emergere la profondità della scrittura, la straordinaria capacità di leggere tutti i risvolti simbolici e metaforici di una vicenda che aveva molto colpito, anche per il suo esito tragico. E c'è anche la cattiva madre Anna Maria Franzoni e un giovane sacerdote che che diventerà Papa. «La scrittura di Mauro - afferma Golino, che per il suo premiato debutto come regista, Miele, si è ispirata al suo romanzo Vi perdono - è adatta a me e al mio cinema sensoriale e percettivo». «Alcuni brani - ammette lo scrittore - sono scritti come montaggi, altri come lunghi piani sequenza». Sono piani sequenza "La città bambina" (che poi sarebbe Pordenone, percorsa e vista da Covacich in corsa) e "Tor Bella Monaca", di un'ironia cinica e sferzante. Se dovesse inventare e basta per scrivere il romanzo classico si sentirebbe un «collaborazionista del sistema», dunque mette in scena se stesso con un meccanismo che mostra sia la scrittura sia l'esperienza che nutre la scrittura - «amo mostrare la sala macchine». Tra esse c'è anche la sterilità (5 racconti sono inquadrati come «i miei non- figli»), uno dei temi portanti del libro. «La sterilità - dice l'autore - è l'incapacità di trasmettere al futuro, ciò che abbiamo avuto dal passato. Molti della generazioni tra i 30 e i 50 ani vivono in una sensazione di mancata pienezza, alla continua ricerca della propria realizzazione, non voglio dare il cambio, mentre chi fa figli e lo vive come momento straordinario ed eccezionale, li cresce come protesi del proprio narcisismo: iper-protetti, iper-viziati, iper-insopportabili. Ammettiamolo, i bambini ci stanno sulle palle perché sono odiosi». La platea lo segue divertita e non vede l'ora di leggere il suo «Decameron contemporaneo», dove c'è spazio anche per le favole per bambini vecchi, come «Un cuore in viaggio», peripezie di un cuore espiantato, o per due reportage letterari realizzati in passato, come «La ruota degli esposti». Pur nell'apparente diversità i racconti sono legati da un'armonizzazione linguistica e da rimandi narrativi, un lavoro fatto con grande cura da un autore «ingordo delle cose che stanno nell'aria, che presta attenzione alle cose che accadono».

Clelia Delponte


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Il Gazzettino