L'«uomo della strada», se esiste ancora, è spiazzato. Come mai, si

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L'«uomo della strada», se esiste ancora, è spiazzato. Come mai, si chiede, menate scandalo per quei parlamentari 5 stelle manchevoli di restituire una parte dello stipendio, quando gli «altri partiti» rimborsano nulla e anzi in passato hanno pure «rubato»? Argomento che è anche parte della strategia difensiva dei vertici del movimento, assieme alla promessa che saranno cacciate le «mele marce». Poiché riusciamo a capire lo sconcerto, è giusto spiegare come la questione dei mancati rimborsi sia rilevante e nasconda in sé la principale contraddizione del movimento (ex?) grillino. Chiariamo subito che l'idea di utilizzare una parte consistente dell'indennità per un fondo di finanziamento alle piccole imprese è del tutto legittima, e persino per certi versi lodevole. Non sono certo i «costi della politica» il principale problema finanziario del paese; e tuttavia, soprattutto nei momenti di crisi acuta delle piccole imprese, un nerbo del nostro tessuto industriale, si è trattato di un gesto concreto, laddove gli esponenti degli altri partiti si sono limitati alle buone intenzioni - quando non sono stati addirittura condannati per aver profittato della normativa allegra dei rimborsi della diaria. Quella della restituzione è, comunque, solo una regola del movimento: a infrangerla il parlamentare è andato contro le direttive dei 5 stelle, non contro le leggi del nostro paese. E tuttavia, i grillini fin dall'inizio hanno presentato la restituzione di parte dell'indennità parlamentare come il segno distintivo della loro «rivoluzione». Ecco, noi siamo diversi dagli altri perché rinunciamo non solo ai privilegi, ma persino a molto di ciò che ci è legittimamente dovuto, per esser più simili a voi cittadini. Quello dei rimborsi era insomma l'atto principale che doveva dimostrare la purezza grillina, il loro essere antropologicamente, prima che politicamente, diversi dagli altri. Proprio in nome di questa purezza i 5 stelle hanno chiesto fiducia agli italiani. Solo in subordine stavano i programmi, che infatti negli anni sono assai cambiati, dalla politica europea all'immigrazione a molto altro. Nella storia non è la prima volta che un movimento politico si presenta come rivoluzionario in nome della purezza del cuore, dell'integrità morale, della diversità antropologica. A voler cercare padri nobili, i giacobini di Robespierre (anche loro, non a caso, ispirati da Rousseau) non sostenevano argomenti molti lontani. Il problema è che quando morale e politica si confondono, anzi, in questo caso, si sovrappongono, e la prima vuole divorare la seconda, bisogna disporre di un esercito di uomini e donne davvero puri ed integerrimi, dal primo all'ultimo. Il minimo allontanamento dalla regola, che in altri movimenti e partiti sarebbe, se non tollerato, almeno compreso, sul movimento dei puri si rifrange con virulenza inaudita. E le vicende dei rimborsi dimostra che un esercito di puri i 5 stelle non lo possono promettere, perché l'essere umano è quello che è; nella società dell'individualismo narcisista, poi, le tentazioni sono sempre più insidiose. E i grillini finiscono così per immolarsi su un'autodafé imposta dalla loro stessa Inquisizione. Emerge infatti un altro limite dei 5 stelle: l'incapacità del gruppo dirigente a fare rispettare le regole che essi stessi hanno stabilito. Come vediamo con le candidature: a liste ormai chiuse, abbiamo scoperto che non pochi candidati violerebbero i precetti fissati dal movimento. Serve a poco giustificarsi dicendo che essi saranno esclusi, se eletti, dal gruppo parlamentare 5 stelle: l'incapacità dei 5 stelle di far applicare le proprie direttive peserà su tutti i cittadini. Nati come un movimento per certo versi «anti-italiano», ostile cioè alla furbizia che un certo stereotipo ricalca sul nostro carattere nazionale, i grillini si stanno rivelando italianissimi, in un altro dei nostri difetti: il vizio di fissare delle regole talmente ferree sapendo che tanto quasi nessuno potrà rispettarle.

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Il Gazzettino