L'Isis fa paura, ma gli italiani non sono banalmente impauriti. Provano rabbia, tristezza, voglia di reagire. Ma l'effetto che i terroristi islamici cercano di raggiungere presso...
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Per il 62 per cento dei nostri connazionali, la terza guerra mondiale - sia pure senza frontiere e diversa da quelle classiche - è una possibilità che assume contorni sempre più possibili. E se non si tratta del terzo conflitto mondiale, una buona parte del Paese si sente comunque in guerra con l'Isis: il 53 per cento degli anziani, il 50 per cento dei baby boomers, il 32 per cento dei millennials. Ma di guerra di religione non parla quasi nessuno tra gli intervistati. E neppure, genericamente, di guerra di civiltà. Matura invece la convinzione che sia in corso uno scontro tra civiltà e barbarie e che nella civiltà rientri anche la quasi totalità dei musulmani. Spiega Risso: «Si avverte la consapevolezza che vada sradicato, nelle comunità musulmane, il valore eroico dell'immolarsi. E questo si può fare da fuori, attraverso una battaglia culturale esterna al mondo musulmano. Ma anche da dentro quel mondo: attraverso l'Islam moderato che può e deve impegnarsi a vincere la lotta ideologica contro il mito del martirio che affascina tanti giovani».
Ecco il terrorismo islamico produce non soltanto reazioni di pancia - anche se la paura, che comunque non è pancia, riguarda oltre il 70 per cento degli italiani - e non si limita a ingenerare in noi comprensibili sentimenti di chiusura. C'è allo stesso tempo un discorso di testa, che vorrebbe essere lungimirante. Se il 30 per cento sostiene che «bisogna reagire con severità nei confronti del mondo islamico», e sembrano considerarlo un tutt'uno, il 58 per cento fornisce una risposta più articolata: «Bisogna agire con severità nei confronti del terrorismo islamico e aiutare i musulmani moderati». Cresce la spinta verso la creazione di un esercito unico europeo (nel marzo 2016 lo volevano solo il 7 per cento degli italiani, oggi il 15) ma soprattutto (45 per cento) si sente l'esigenza di dotarsi di una intelligence europea ben coordinata. Il 20 per cento è a favore di una legislazione «emergenziale e speciale», come ai tempi del brigatismo rosso.
Un punto delicato riguarda la fiducia nei confronti delle classi dirigenti attuali, a livello europeo, che hanno nelle mani le redini di questa guerra in corso. Gli italiani avvertono la debolezza, il vuoto, l'incapacità delle élites comunitarie nell'affrontare il cimento e osservano, delusi, la tendenza a cercare scorciatoie e a proporre soluzioni non all'altezza della sfida e delle novità. Il 65 per cento delle persone definisce «smidollate» le classi dirigenti Ue. Il dito puntato non si ferma qui. Sotto accusa finiscono i venditori e i trafficanti di armi e quei Paesi che, su tali commerci, lucrano e giocano una parte del loro ruolo internazionale.
Ma riecco l'Isis. Qual è il suo principale obiettivo? Il 39 per cento: «Far vivere gli europei in una situazione di costante terrore e indebolire economicamente il Continente». Il 27 per cento: «Colpire il modello di vita occidentale». Il 12 per cento: «Realizzare attentati in Europa per conquistare alla causa sempre più giovani islamici europei». L'11 per cento: «Indebolire l'Islam moderato e portare i giovani musulmani verso l'estremismo».
La foto dell'Italia di fronte alla guerra insomma è questa. E non l'isteria collettiva, ma la responsabilità tipica dei grandi momenti storici, sembra il tratto di gran lunga prevalente.
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Il Gazzettino