Ha dato forma all'orrore che fino a quel momento aveva visto scorrere davanti ai suoi occhi attraverso le immagini, realistiche ma distanti, sullo schermo della tv, del pc e dello...
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Il terribile delirio di Ali è intriso dell'immaginario violento della nostra epoca. Quello dei videogiochi e dei film d'azione ma anche dei telegiornali e dei video senza filtri che è sempre più semplice trovare sui social network e che gli adolescenti si scambiano in chat.
Social network che anche in questo caso hanno avuto un ruolo di primo piano, nel bene e nel male. Tramite Periscope sono arrivate le prime immagini del sangue, i primi rumori degli spari. Tramite Twitter abbiamo visto quel filmato surreale in cui un uomo, salito su un tetto per ripararsi dai colpi, si rivolge direttamente al killer e lo insulta, senza mollare il telefonino e riprendendo tutto. Tramite Facebook, per la quarta volta in sei settimane, chi si trovava nell'area dell'attentato ha potuto rassicurare parenti e conoscenti sul proprio stato di salute grazie al Safety check. E sempre tramite Facebook l'attentatore avrebbe pianificato la sua azione folle, violando il profilo di una ragazza e cercando così di attirare più coetanei possibile in quel fast food, dando loro appuntamento e promettendo cibo gratis. Una trappola 2.0, che fa leva su un'altra moda del Web, i flash mob, eventi improvvisati che si organizzano con il passaparola sui social.
Una mente turbata e fragile può prendere spunto da qualsiasi cosa per sfociare nella follia. La colpa non si può di certo attribuire ai videogiochi, ai film o, ancora peggio, al Web e ai social network, anche se il ministro dell'Interno tedesco Thomas de Maizière ieri ne ha invocato la regolamentazione. Ma è certo che le scene di violenza con cui gli adolescenti hanno a che fare oggi sono sempre più realistiche ed esplicite. Il nostro mondo, grazie alla tecnologia, è un mondo in presa diretta, che altrettanto direttamente viene fruito, da tutti.
Il tabù della violenza è stato sdoganato e i più giovani hanno confidenza con certe scene. I film e i videogiochi non hanno fatto altro che adeguarsi al voyerismo diffuso. Ciò non implica che i ragazzi vengano plagiati o istigati, ma che probabilmente, in un'altra epoca storica, per mettere in scena il suo suicidio allargato, come lo chiamano gli psicologi, Ali avrebbe avuto molti meno esempi a disposizione.
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Il Gazzettino