L'INTERVISTA Mettiamocelo in mente: la nostra esistenza funziona per caso. Ci

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L'INTERVISTAMettiamocelo in mente: la nostra esistenza funziona per caso. Ci sono le regole, ma vince il caso, anche se non lo sappiamo. In vertiginosa sintesi è questo l'ultima...

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L'INTERVISTA
Mettiamocelo in mente: la nostra esistenza funziona per caso. Ci sono le regole, ma vince il caso, anche se non lo sappiamo. In vertiginosa sintesi è questo l'ultima opera di Paolo Legrenzi che spiega di aver lavorato per comporre un breve saggio per vivere meglio ma soprattutto capire (di più) come siamo fatti, magari accettando (bene) l'incertezza della vita. Psicologo cognitivo, docente emerito a Ca' Foscari Legrenzi stavolta si rimette in pista con Regole e caso (Il Mulino, 140 pagg, 12 euro), ispirato in gran parte a Pollock (ore a guardare i suoi quadri alla Guggenheim a Venezia) ma anche al jazz e alla letteratura.

Ma perché sondare a fondo Jackson Pollock?
«È un simbolo. Il pittore introduce il dripping, sgocciolamento, sistema che implica margini di incertezza. Prima di Pollock gli artisti avevano quasi l'opera del tutto formata nella testa. Pollock no, procede per prove ed errori».
E crea un nuovo mondo.
«Sì. Quello che io descrivo, quello della contemporaneità che fa fatica a convivere col caso. Pollock diceva: devo sentirmi nel quadro e procedeva per aggiunte successive. È artista che ha radici operaie, costruisce con le mani. Come nel jazz, che ha regole e improvvisazione, molto studiate da Philip Johnson-Laird».
La storia umana è stata sempre rischi e incertezze
«Nel passato ci si confrontava con la natura; adesso è l'uomo che artificialmente crea crisi, che poi non sa gestire».
Che dice del dolore amoroso?
«Quello che dice Shakespeare nel sonetto 73 è esemplare: solo quando stai per perdere la vita o una persona, ti accorgi di quanto amavi. Pollock è in fondo la fine di una lunga storia che si rifà oltre che per la tecnica pittorica - ai miti indiani. Dell'America libera dalle praterie senza confini: foresta incantata, come il titolo di un suo quadro. Miti persi, che si amano».
Però il pittore venne usato dalla Cia nella guerra fredda.
«Era il grande artista dell'America libera, di quando l'Occidente libero combatteva il comunismo. Pollock era il messaggero della libertà artistica: per questo la Cia diffondeva immagini dei suoi quadri».
Molti dicono: quel quadro lì posso farlo anch'io.
«Ma non è possibile falsificare Pollock anche se ci hanno tentato in molti. I suoi movimenti muscolari e neuronali sono differenti da quelli di chiunque altro. E ormai una rete neuronale artificiale impara a leggere i suoi quadri veri, dai falsi. Perché il mio sgocciolio non sarà mai quello di Pollock, anche se sì, tutti possono dire: saprei farlo anch'io».
Montaigne spiegava che il caso forma le nostre regole
«Arrivato a 75 anni uno pensa di essere così per effetto di se stesso, ma non è vero. Robert Musil, più lucido, spiegava invece ne L'uomo senza qualità che siamo risultato dell'effetto carta moschicida; incrociamo cioè tracce e presenze di altri, comportamenti ripetitivi o casuali e ne siamo contagiati».
Anche soffrire è legato a regole e caso?

«Saggi e felici sono quelli che hanno un ampio ventaglio di affetti. Meglio non investire (come ha fatto qualcuno con certe banche) tutto su una sola cosa, o una sola persona. Meglio distribuire speranze - e delusioni - a tutti i futuri possibili».
Adriano Favaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino