L'intervista Luca Zaia

L'intervista Luca Zaia
L'INTERVISTATREVISO Due caratteri forti, troppo simili per evitare di entrare in rotta di collisione. Ma anche due personalità capaci di arrivare comunque a un accordo, di...

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L'INTERVISTA
TREVISO Due caratteri forti, troppo simili per evitare di entrare in rotta di collisione. Ma anche due personalità capaci di arrivare comunque a un accordo, di trovare sempre una sintesi nonostante le scintille, di mantenere comunque un dialogo. La storia del rapporto del governatore Luca Zaia e Dino De Poli è lunga e variegata, fatta di grandi scontri, di battute al vetriolo. Per anni Zaia non ha messo piede a Ca' Spineda, almeno ufficialmente, visto il grande freddo calato tra lui e il presidente. Ma nonostante questo, la stima reciproca non è mai mancata. E questo, il governatore, lo sottolinea con forza.

Governatore Zaia, nella sua carriera di amministratore ha incrociato più volte la strada di Dino De Poli.
«La prima volta che l'ho conosciuto è stato nel 1995 quando ero assessore provinciale e avevo 27 anni. E subito, devo ammettere, ci fu uno scambio dialettico di una certa intensità. Ma la stima c'è sempre stata, profonda. In fondo siamo sempre stati due caratteri particolari che però hanno saputo dialogare».
Alla fine degli anni Novanta, a Treviso, eravate in tre: lei prima assessore e poi presidente della Provincia; Giancarlo Gentilini sindaco della città e De Poli in Fondazione.
«Io ero il ragazzo in mezzo a quei due grandi vecchi, ma ci facevamo sentire. È stata una stagione ricca di discussioni, certo, ma anche di risultati, e grandi: le mostre internazionali, le 400 rotatorie, i recuperi immobiliari, l'Appiani, il Sant'Artemio messo a nuovo. Ho sempre avuto rapporti buoni con tutti».
Con De Poli però gli scontri non sono mai mancati.
«Anche nei momenti più duri, di massima tensione, quando si parlava, per esempio, dei conti di Fondazione, non abbiamo mai interrotto il dialogo. Lui una volta di me ha detto: sei capace quanto rapace, ma anche lui non scherzava».
De Poli è sempre stato definito scontroso, ruvido.
«Ma non era così. Sapeva apprezzare la gente che valeva, anche se era un avversario. E questo è sempre stato un suo grande merito. È un uomo che resterà per sempre legato alla storia della città».
Però è stato accusato di aver dilapidato i soldi.
«Su questo si discuterà. Di De Poli si è sempre detto ha fatto tanto perché aveva i soldi. Certo, ma senza le idee non fai nulla anche sei hai soldi. Lui le idee le aveva, grandi e importanti. Sapeva vedere oltre e pensare in grande, a volte anche troppo. E la città ne ha beneficiato».
Parliamo dei vostri duelli.
«Il primo è stato quando, da presidente della Provincia, decisi di togliere a Fondazione la gestione della tesoreria dell'ente. Sono stato l'unico ad aver il coraggio di farlo e la faccende finì a carte bollate».
Poi il caso Appiani: la Provincia doveva essere l'ente principale a entrare nella cittadella delle istituzioni ma alla fine non se ne fece nulla. Altra grande polemiche.
«Forse sono stato il primo a vedere i progetti della cittadella. Ero convinto di quell'operazione ma alla fine, per una serie di questioni burocratiche e di procedura, decisi di puntare altrove. E fu un bene per la città perché la Provincia prese il Sant'Artemio, lo riqualificò e ci fece un parco di 60 ettari. E così vennero recuperate due aree: l'Appiani e, appunto, il Sant'Artemio».
De Poli non ha mai lesinato critiche alla politica e alla nuova classe dirigente, lei compreso.
«Ma ci stava. Lui rappresentava la Prima Repubblica, noi eravamo la forza emergente, di rottura. Per molto tempo, ogni anno, uscivano una o due sue interviste in cui giudicava severamente l'operato di tutti. Negli ultimi tempi poi non lo ha più fatto. Per 26 anni De Poli è comunque stato un importante interlocutore politico per tutti. Ha scritto pagine importanti per la città».
De Poli ha avuto una gestione troppo generosa delle risorse di Fondazione?

«Guardi, io dico una cosa: ognuno può pensarla come vuole. Ma è innegabile che grazie a De Poli Treviso abbia recuperato il teatro comunale, il teatro Eden, un intero quartiere della città. Senza di lui, per esempio, la splendida villa di Ca' Zenobio sarebbe rimasta chiusa. C'è un prima l'intervento di De Poli e un dopo».
P. Cal.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino