L'INDAGINE PADOVA Dai soldi per pagare la multa, alla parcella dell'avvocato,

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L'INDAGINEPADOVA Dai soldi per pagare la multa, alla parcella dell'avvocato, da quelli per raggiungere il marito fuggito con l'amante fino, addirittura, alla richiesta di denaro...

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L'INDAGINE
PADOVA Dai soldi per pagare la multa, alla parcella dell'avvocato, da quelli per raggiungere il marito fuggito con l'amante fino, addirittura, alla richiesta di denaro per noleggiare un elicottero che li avrebbe portati da Malpensa a Padova in piena pandemia dopo aver contratto il covid a Bucarest. Ma avevano inventato anche la vincita di un gratte&vinci che li avrebbe sistemati per sempre, che però doveva essere sbloccata a suon di banconote da 100 euro per essere incassata. Sono solo alcune delle fantasiose e assurde richieste che gli undici sinti - sei arrestati e altri cinque destinatari delle misure cautelari - dell'operazione Ricatti e bugie della guardia di finanza di Padova, facevano a don Albino Bizzotto. Richieste espresse con una media di una ventina di chiamate al giorno.

LE MOTIVAZIONI
Al fondatore dei Beati costruttori di pace hanno estorto 370mila euro, provenienti dai suoi conti personali, da quelli dell'associazione e da prestiti che don Albino aveva chiesto a degli amici per poterli aiutare. Il sacerdote era andato contro tutto e tutti. Contro l'evidenza stessa dell'assurdità di queste richieste, perché incapace di pensar male di questi bisognosi che gli mettevano pressione - a suo dire - solo perché si trovavano in uno stato di necessità che tirava fuori il peggio da loro. Persino il giorno in cui fu convinto dal fratello e dai suoi amici più intimi a presentare denuncia, sostenuto dall'avvocato della curia, Simone Bernardello, aveva consegnato l'ennesima somma di denaro per consentire a Patrik Casalgrande (accusato anche di persecuzioni nei confronti del sacerdote) di recuperare la solita autovettura bloccata, a causa dell'assicurazione mancante.
Ma alla fine don Albino stesso ha dovuto rendersi conto della spregiudicatezza delle persone con cui aveva a che fare, e di fronte ai finanzieri ha mormorato: «Hanno evidentemente approfittato della mia sensibilità verso le persone bisognose e della mia età per indurmi a versare loro denaro».
Don Albino non aveva nulla da nascondere, nessuno scheletro nell'armadio su cui potessero far leva. L'unica cosa a cui i malviventi si sono appigliati è stata l'incapacità del prete contro di vedere il male. Terreno fertile per l'estorsione, arato ad arte dagli indagati che don Albino voleva solamente salvare e che loro non hanno esitato a minacciare.
LE RICHIESTE
Nelle 14mila chiamate tra luglio 2018 e luglio 2020, i sinti, tutti imparentati tra loro, lo chiamavano semplicemente Albino. Niente don, niente padre. E poi via alle richieste più assurde. Come quella di Revin Casalgrande: «Albino, ci siamo presi il covid in Romania, siamo bloccati in aeroporto, ci servono i soldi per pagare un elicottero che ci porti a Padova». O quella di Patrik Casalgrande: «Albino, ci tengono in ostaggio in Slovienia, ci servono soldi per pagarli sennò ci faranno del male». Oppure: «Albino, mi servono i soldi per pagare l'avvocato, altrimenti mia moglie Glenda va in prigione e i miei figli restano senza mamma». E le questioni familiari erano quelle più gettonate per convincere il sacerdote. Come quella volta in cui Paola Di Colombi aveva chiesto denaro perchè il marito Patrik se n'era andato a Bucarest da un'altra donna e lei voleva andare da lui per recuperare il rapporto e per questo le serviva il denaro per l'aereo.
L'ALLARME

Ad accorgersi di quel che stava succedendo, per primo, è stato il fratello di don Albino Bizzotto, Egidio, che si è presentato dai finanzieri lamentando la situazione che stava vivendo il sacerdote. In particolare il riferimento fatto alle fiamme gialle era l'atteggiamento sempre più sfrontato di un gruppo di bisognosi di etnia sinti. Aveva capito che lo stavano sfruttando quando il fratello gli raccontò di una donna che gli aveva chiesto soldi per l'antibiotico del figlio. Don Albino non glieli diede, ma le comprò il medicinale che lei non venne mai a ritirare e rimase per mesi nel frigo dell'associazione. Questo l'aveva spinto a pensare che si trattasse solo di una scusa per spillare denaro. Il tempo gli ha dato ragione: era proprio così. Un dubbio che permise di scoperchiare il vaso di Pandora.
Marina Lucchin
© riproduzione riservata
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Il Gazzettino