L'INCHIESTA L'unica certezza è che le selezioni del personale venivano fatte

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L'INCHIESTAL'unica certezza è che le selezioni del personale venivano fatte a Collegno. Tutti i funzionari del Monte dei Paschi di Siena infatti sono degli smemorati. Non si...

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L'INCHIESTA
L'unica certezza è che le selezioni del personale venivano fatte a Collegno. Tutti i funzionari del Monte dei Paschi di Siena infatti sono degli smemorati. Non si ricordano niente, al massimo il proprio nome e quello di Luciano Donadio, il capo del clan dei casalesi di Eraclea che pure nelle filiali dei Paschi di San Donà, Jesolo e Musile di Piave era di casa. Ma oggi, a distanza di tre anni dagli arresti di Eraclea, il non ricordo regna sovrano in queste udienze che vedono sul banco dei testimoni quell'area grigia di cui si parla sempre, fatta di professionisti che per i motivi più vari si trovano a dover convivere con camorristi e mafiosi. Nell'udienza di ieri il primo premio per la smemoratezza lo merita Lisa Artico, vicedirettrice della filiale di Musile di Piave del Monte dei Paschi, che ha farcito la sua testimonianza di talmente tanti silenzi e non so, non ricordo, non c'ero, che ha fatto perdere la pazienza addirittura al presidente del Tribunale, Stefano Manduzio, che pure di solito fa concorrenza a Giobbe in quanto a calma. E il massimo lo raggiunge quando il pm Roberto Terzo le ricorda che non sta parlando di fatti lontani anni luce, ma di cose successe l'altro ieri e sulle quali ha reso testimonianza nel 2019, due anni fa.

Mi ricordo questa domanda che mi hanno fatto sbotta Lisa Artico. Il problema è che non si ricorda la sua risposta. Ma non è la sola, tutti i funzionari del Monte dei Paschi sentiti finora in aula hanno fatto esercizio di silenzio. Pare che vivano su un altro pianeta direttori e vicedirettori, supervisori e super supervisori, al punto che rischia di avere vita facile Antonio Forza, l'avvocato difensore di Denis Poles, direttore del Monte dei Paschi accusato di aver favorito in tutti i modi Luciano Donadio, a dimostrare che in banca facevano tutti come lui.

Tant'è che agli atti ci sono fior di documenti che dimostrano come Poles non fosse il solo a concedere facilmente crediti agli uomini di Donadio, il quale poteva presentarsi in banca anche a ritirare i soldi che erano sul conto di qualcun altro senza troppi problemi. Eppure Lello Orlacchio, supervisore del Mps nella scorsa udienza aveva detto che Giorgio Baldi, il suo superiore, lo aveva messo in guardia su Donadio. Ma poi saltano fuori da tutte le parti mutui e prestiti, castelletti e fidi, concessi fino al momento dell'arresto di Donadio, nel febbraio 2019. Insomma Poles non pare affatto una mosca bianca dentro il Monte dei Paschi visto che ci sono funzionari pronti a giurare in aula che la politica del Monte dei Paschi è non fare prestiti a chi è nel giro del gioco d'azzardo e poi salta fuori il fido di 5 mila euro al figlio di Donadio che per l'appunto gestiva il Centro Snai di Eraclea. (m.dian.)
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Il Gazzettino