L'EMERGENZA UDINE Emergenza rifiuti in regione. Non solo per la difficoltà

L'EMERGENZA UDINE Emergenza rifiuti in regione. Non solo per la difficoltà
L'EMERGENZAUDINE Emergenza rifiuti in regione. Non solo per la difficoltà di esportare i residui della raccolta indifferenziata (tipo il combustibile solido secondario, che per...

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L'EMERGENZA
UDINE Emergenza rifiuti in regione. Non solo per la difficoltà di esportare i residui della raccolta indifferenziata (tipo il combustibile solido secondario, che per la gran parte finiva all'estero) come accadeva prima, ma anche per la plastica. Tonnellate di plastica che rischiano di restare sul groppone del Fvg. O meglio, della piattaforma Corepla di San Giorgio di Nogaro, gestita da I.Blu, che tratta quasi 100mila tonnellate all'anno, dal Friuli e da gran parte del Veneto.

IL BLOCCO
«Si immagini un contenitore, come una bottiglia da un litro d'acqua: tanto entra, tanto deve uscire», esemplifica Mirko Bottolo, direttore commerciale I.Blu. E invece adesso escono poche gocce. A San Giorgio, dove lavora un centinaio di persone si sono già accumulate in un paio di settimane «quattromila tonnellate, pronte ad uscire ma bloccate. Un quantitativo che corrisponde a quasi sei mesi di produzione dell'intera provincia di Udine». Il margine stimato è di «una settimana, poi saremo costretti a rallentare o dichiarare la forza maggiore. È anche una questione di sicurezza».
«Con l'emergenza Covid-19 ci sono serissime difficoltà di spedizione dei materiali a tutte le filiere, in Italia e fuori chiarisce -. Poi, con il lockdown in Austria e altrove si sono fermati i cantieri, i cementifici e le acciaierie. Noi produciamo un agente riducente per le acciaierie verdi, la Voestalpine in Austria e altre in Nord Italia, ma ora sono ferme. E sono venuti meno anche gli sbocchi in settori tradizionali come la logistica o l'arredo urbano. E la gente a casa consuma più plastica di prima».
L'ALLARME
Per questo il Corepla ha lanciato l'allarme a Governo e Regioni. «Chiediamo una soluzione temporanea per assorbire la plastica da differenziata che ora non può essere riciclata». Una soluzione che potrebbe passare «anche per le discariche o la termovalorizzazione», ma senza interrompere la differenziata: «Se invece di riciclare il 70-80% ne ricicliamo il 50% è un bel pezzo di lavoro fatto». E la gente non perde le buone abitudini. Le ipotesi in ballo per le plastiche in surplus potrebbero essere, a sentire gli addetti ai lavori, o la nuova discarica di Cordenons, o l'impianto di Maniago o l'inceneritore di Trieste.
Ma serve un provvedimento della Regione per andare in deroga. «Oggi stanno lavorando in merito», diceva ieri l'assessore Fabio Scoccimarro. Attende con ansia la decisione A&T 2000, che, come spiega il presidente Luciano Aita, a San Giorgio porta «direttamente la plastica dei nostri 51 comuni e, come selezionatore, quella di Net e dell'Alto Friuli dopo il passaggio nel nostro impianto di Rive. Abbiamo avviato un confronto serrato con la Regione, attendiamo il provvedimento». Fra la plastica di Net e dell'Alto Friuli («circa 7mila tonnellate l'anno») e quella di A&T 2000 («circa 5.500»), come ricorda il direttore Renato Bernes, sono oltre 12mila tonnellate l'anno: «I flaconi e il Pet trovano sbocchi, il problema sono le plastiche miste, che rappresentano il 55%». Ossia, a San Giorgio, circa 55mila tonnellate l'anno in media, «5mila ogni mese, pari ad un anno di plastica prodotta in mezza provincia di Udine. Per portarle in discarica o all'inceneritore, però, occorre una deroga». Di sicuro la destinazione non potrebbe essere il termovalorizzatore di Manzano di Greenman (che ha in progetto una seconda linea), che accoglie il residuo secco. «Tantissimi gestori di rifiuti ci stanno chiedendo. Ma l'impianto di Manzano lavora esclusivamente i materiali di Snua. E non riusciamo neppure a soddisfare le sue esigenze. Quanto al revamping, i tempi saranno di almeno un anno di lavori e uno di iter autorizzativo. Dobbiamo ancora fare la prima conferenza dei servizi».

Il gruppo Midolini ha la discarica di Buse dai claps, ma solo per inerti e industriali: «Stiamo lavorando a regime spiega Raffaella Midolini -, abbiamo margini ancora per 23 anni. Con le aziende chiuse avremo meno conferimenti».
Camilla De Mori
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Il Gazzettino