L'economia bellunese ha il freno a mano tirato

L'economia bellunese ha il freno a mano tirato
In ripresa, con il freno a mano tirato. L'economia bellunese vede un...

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In ripresa, con il freno a mano tirato. L'economia bellunese vede un lumicino in fondo al tunnel, ma la ricrescita è ancora lenta e il mercato del lavoro resta ancorato all'incertezza. Insomma, diminuiscono i disoccupati ma aumento il lavoro precario. L'altro lato della medaglia di un tessuto economico che grazie all'export e alle grandi fabbriche tenta di risalire la china, sono i contratti a tempo determinato con proroghe fino al limite massimo consentito di cinque. «Il Pil cresce ma è molto rallentato rispetto al periodo pre crisi commenta il segretario generale di Cisl Rudy Roffarè commentando i dati di Veneto Lavoro, in occasione della festa del 1. maggio -. Il Bellunese mostra tre enormi difficoltà: il rallentamento delle esportazioni, il basso consumo interno e una situazione generale di crisi». Il numero delle imprese è in calo, nell'ultimo anno si sono registrate 819 aperture contro 931 chiusura per un saldo in negativo del quasi l'1%, e le start up sono in crescita ma comunque con numeri bassi, appena 8. Di contro il mercato del lavoro, pur risentendo del generale clima di incertezza, prova a pensare positivo. Il saldo tra cessazioni e assunzioni è positivo di 1480 attivazioni e i disoccupati, di conseguenze, sono in lieve ma costante calo. Se nel gennaio 2015 erano 7251 a dicembre 2016 se ne contavano 6770 e questo vale anche per i giovani, la cui percentuale di disoccupazione oggi si attesta attorno al 22,8%. «Va abbastanza bene, ma ci sono enormi concentrazioni di lavoro sui grandi stabilimenti noti prosegue Roffarè -; se calasse l'export e queste realtà dovessero andare in crisi saremmo seriamente preoccupati». A preoccupare, ora, è soprattutto il precariato. Il 2017 si è aperto con un'impennata delle casse integrazioni mentre per tutto il 2016 in Veneto, ma i dati rispecchiano anche la situazione in provincia, le trasformazioni dei contratti a tempo indeterminato sono state inferiori rispetto all'anno precedente. Nei primi mesi del 2017 l'andamento non sembra migliorare. «Oggi i contratti a tempo indeterminato sono il 28,90% del totale spiega Mauro De Carli segretario generale Cgil -, dopo la decontribuzione del 2015 ora stiamo tornando al dato di precarietà storico. Indice del clima di incertezza sono anche le proroghe. La tendenza oggi è quella di utilizzarle tutte, fino alla quarta e alla quinta. Insomma il mercato chiede lavoro ma l'impiego sicuro è ancora raro».

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Il Gazzettino