L'attesa solitaria del monaco Sergio

L'attesa solitaria del monaco Sergio
Come può vivere un democristiano doc, un moroteo, «un monaco» (copyright Berlusconi), questa fase in cui parrebbe - ma poi dipende dalle decisioni della Provvidenza oltre che...

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Come può vivere un democristiano doc, un moroteo, «un monaco» (copyright Berlusconi), questa fase in cui parrebbe - ma poi dipende dalle decisioni della Provvidenza oltre che dal volere del king maker e dei grandi elettori - che Sergio Mattarella, cioè lui, stia per salire al più alto onore della Repubblica?

Mattarella, che ieri ha lavorato per tutta la giornata alla Consulta leggendo carte e mantenendo quel profilo distaccato che è nel suo Dna personale e politico, vive questo magic moment, espressione che egli mai userebbe, in una maniera così: «Sono cose che accadono, se devono accadere. Ma se accadono, diventano un onore e un grande fardello». Lo hanno chiamato tutti. Lui non ha chiamato quasi nessuno. Con i pochi con cui ha intimità, appartenenti soprattutto allo stretto giro familiare mentre tra gli amici politici ha D'Alema e Veltroni, Rosy Bindi e Bersani, Enrico Letta, Soro, Bressa e Fioroni (organizzatore della cena al ristorante «Scusate il ritardo», dov'è stata lanciata la candidatura) più Franceschini (lui è stato il tramite con Renzi, e i premier e Mattarella hanno avuto l'incontro decisivo 4 giorni fa), ha parlato naturalmente poco. Mostrando quel suo atteggiamento schivo e d'antan (sembra uno in bianco e nero degli anni '60) che fa prevedere una presidenza non all'insegna del sexy ma della camomilla da somministrare a un Paese tendente all'eccitazione: «Se mi chiamano ci sono, ma non ho fatto nulla per ottenere l'incarico». Berlusconi sostiene che Mattarella ieri abbia chiamato lui. Più probabilmente è stato l'opposto. Mattarella avrebbe detto a Silvio: «Considero un atto di rispetto che voi votiate scheda bianca sulla mia candidatura». E poi? Racconta Berlusconi ai suoi parlamentari: «Mattarella mi ha anche assicurato che non fu lui a bloccare il nostro ingresso nel Ppe».
Anche se non sono pochi quelli che ricordano quanto Mattarella si battè per evitare questa «sciagura». Ecco una frase mattarelliana, e in puro stile mattarellico, del 19 agosto 1999: «Berlusconi? E' l'opposto di De Gasperi». Mentre a Montecitorio si moltiplicano le congetture e le domande - «Ministro Boschi, sarà ancora Donato Marra il segretario generale del Quirinale?». Risposta davanti alla buvette: un sorriso - e mentre si scommette su Ugo Zampetti, segretario della Camera uscente, di scuola dc, come primo collaboratore del (forse) neo-presidente, Mattarella lavora come sempre nel palazzo della Consulta. E come sempre fa la vita di sempre. Ieri ha mangiato alla buvette della Corte Costituzionale dove, assicura chi la frequenta, si mangia malissimo; ma per lui (magro e studioso, bisognoso al massimo di un filetto) queste cose non contano. Oppure, raccontano in coro al «Bar del Quirinale», locale piccolo ma saporito a due passi dall'abitazione dell'ex ministro che è a due passi dal palazzo presidenziale, «viene qui all'ora di pranzo, prende una pizzetta o un tramezzino, se la porta a casa e la mangia lì». Con un bel bicchiere di vino? «Macchè». Coca Cola? «Neanche». Acqua frizzante? «No, naturale».
E niente autoblù. Gira a piedi. Il suo striminzito appartamento nella foresteria a via Cordonata ha due stanze, angolo cottura e bagno. Mattarella è un moroteo anche nello stile di vita. Uno svago? Andare in montagna e cantare i canti di montagna come ai tempi dell'Azione Cattolica di cui è stato anche responsabile durante il liceo: il San Leone Magno di Roma. Palermitano, ma poco palermitano in realtà, e neanche tifa granchè per i rosaneri pur amando il calcio, ma con la testa e non con le viscere. Va a messa vicino casa. Ogni tanto a Palermo dove è sepolta l'amatissima moglie scomparsa nel 2012. Amici? Frequenta soprattutto la famiglia: tre figli e sei nipoti a Roma. Lo stretto giro delle affinità elettive - e alcuni di questi nell'eventuale presidenza Mattarella un ruolo lo avranno - comprende Paolo Ruffini, dinastia siculo-democristian-ministeriale come quella di Sergio, con in più uno zio cardinale; Nino Rizzo Nervo; il deputato Francesco Saverio Garofani (ieri il più ricercato in Transatlantico e il bersaniano Zoggia tra i tanti andava cercando il numero tra i divanetti ex Dc: «Qual è il telefono di Garofani?»); e il biografo di suo fratello assassinato nel 1980: Giovanni Grasso, autore dell'ottimo volume su «Piersanti Mattarella. Da solo contro la mafia» (edizioni San Paolo).

Intanto è in corso una lotteria che lo riguarda. Ma lui legge tomi giuridici.
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Il Gazzettino