L'ANALISI PADOVA Abbiamo chiesto alla Confesercenti di proporre tre casi simbolo

L'ANALISI PADOVA Abbiamo chiesto alla Confesercenti di proporre tre casi simbolo
L'ANALISIPADOVA Abbiamo chiesto alla Confesercenti di proporre tre casi simbolo per capire quello che è successo quest'anno. Ecco il risultato. Il metodo usato, quello dei...

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L'ANALISI
PADOVA Abbiamo chiesto alla Confesercenti di proporre tre casi simbolo per capire quello che è successo quest'anno. Ecco il risultato. Il metodo usato, quello dei ristori, non funziona. Per questo, come sostiene l'associazione, si deve passare attraverso i rimborsi.

Il primo vulnus macroscopico riguarda il fatto che i ristori o crediti d'imposta relativi al singolo mese hanno creato delle disparità ingiuste premiando a caso quelli che in un determinato mese non hanno lavorato rispetto ad altri che invece lavoravano. Nel caso specifico vediamo un ristorante della città chiuso per oltre 4 mesi che ha lavorato con asporto e con consegna a domicilio. Tra indennità Inps del titolare, (1.200 euro) e due ristori (10.290, 20.580 euro)e credito d'imposta (16.950 euro) ad oggi ha recuperato 54.240 euro ma non è sufficiente. Perchè a livello di volume d'affari ha perso 476 mila euro, il 40 per cento.
LA RICHIESTA
«La nostra richiesta è che si calcoli la giusta percentuale su questo valore. Nella nostra ipotesi come minimo questa percentuale dovrebbe essere del 35% ma ci sono Paesi che stanno ipotizzando l'80. Parliamo quindi di un rimborso pari a 166 mila euro» dice il presidente di Confesercenti, Nicola Rossi.
Il secondo caso è un bar della provincia specializzato nella movida e nelle manifestazioni serali. Tra indennità Inps del titolari (3.600 euro) e tre ristori (8.631, 12.947, 8.631 euro) ad oggi hanno recuperato 33.809 euro. Questa ditta, composta da tre soci e 5 addetti, dovrebbe recuperare attraverso un rimborso minimo del 35% sulla diminuzione dei ricavi, 93 mila euro.
Il terzo caso è un bar-caffè della città, i locali sono in affitto, quindi non ha potuto usufruire sempre dei crediti di imposta. Tra indennità Inps dei 2 soci (2.400 euro) e i tre ristori (2.191, 3.287, 2.191 euro) ad oggi hanno recuperato 10.069 euro. A questi aggiungiamo i 2000 euro del bonus centri storici e 2.190 euro di credito d'imposta locazioni. Totale 14.259 euro. Questa ditta dovrebbe recuperare attraverso un rimborso del 35% sulla diminuzione dei ricavi, oltre 31 mila euro.
«Superiamo i ristori a pioggia, a volte inutili ma minimi rispetto alle effettive perdite - insiste Rossi - superiamo il criterio dei codici Ateco e riconosciamo, con un provvedimento immediato, il rimborso in percentuale di quanto perso nel volume di affari tra il 2019 ed il 2020. Solo con questo criterio si darebbe una risposta certa e giusta ai danni subiti dalle nostre imprese».
«In una pandemia il problema sono i volumi dei ricavi. Per questo dobbiamo intervenire sulle perdite complessive dell'anno. Se non vogliamo vedere distrutto il nostro sistema economico per come lo conosciamo dobbiamo rendere le nostre imprese nelle condizione di proseguire l'attività. Dobbiamo riconoscere effettivamente quanto hanno perso a causa del covid e prendere provvedimenti immediati».
I DISOBBEDIENTI
E i baristi disobbedienti? «Sarebbe uno schiaffo alle migliaia di morti per covid - continua - sarebbe una sberla a quanti nei reparti ospedalieri combattono e soffrono la malattia. Sarebbe un sberla ai nostri stessi clienti che non capirebbero il sacrificio fatto fino ad ora. Sarebbe un tirarsi la zappa sui piedi per l'intera categoria».
«Ma credo che sarebbe anche una sberla dolorosa alle migliaia di imprese della nostra provincia, comprese quelle, come la mia, che da marzo dell'anno scorso sono obbligatoriamente chiuse e senza alcun ristoro dignitoso».
«Sarebbe, ripeto, una sberla ai sacrifici che stiamo facendo nell'interesse di tutti, nell'interesse del futuro del Paese, nell'interesse anche di quei pochi imprenditori che pensano che aprire in sfregio alle ordinanze sia una protesta contro i provvedimenti di chiusura decisi da Governo, Regione e Comuni. No, non è una protesta contro queste istituzioni».

«Siamo tutti indignati per provvedimenti del Governo di cui spesso non comprendiamo l'efficacia, viviamo ogni giorno l'impotenza di fronte agli sguardi dei nostri collaboratori che ci chiedono quando potremmo riprendere a lavorare. L'impossibilità di programmazione è quanto di più grave può colpire un'impresa di qualsiasi tipo. Esorto quanti pensano di ottenere qualche risultato dall'apertura illegale dei loro locali, a pensare che non faranno del male solo a loro stessi ma a tutta la categoria».
Mauro Giacon
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino