Italicum, Pd con il fiato sospeso per la sentenza della Consulta

Italicum, Pd con il fiato sospeso per la sentenza della Consulta
Il tasto pausa è stato premuto da tutti i partiti per ciò che è accaduto in Abruzzo. Un mini-afflato di solidarietà nazionale che ha pervaso anche il M5S che ha cancellato la...

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Il tasto pausa è stato premuto da tutti i partiti per ciò che è accaduto in Abruzzo. Un mini-afflato di solidarietà nazionale che ha pervaso anche il M5S che ha cancellato la manifestazione davanti alla Consulta e ha spinto Matteo Renzi a rinviare persino le nomine nella segreteria Pd. Tutti con il fiato sospeso in attesa di buone notizie da Rigopiano, ma anche dal palazzo della Consulta dove martedì, o al massimo mercoledì, uscirà la sentenza sull'Italicum che segnerà il destino della legislatura.

Il partito dei frenatori delle urne è corposo e si muove sottotraccia. Ieri gli ha dato voce il presidente del Senato Pietro Grasso che, intervistato dal Corriere, si è levato più di un sassolino contro Renzi e ha auspicato che la legislatura arrivi sino a conclusione.
Tutti zitti, o quasi, in attesa di ciò che dirà la Corte Costituzionale sull'Italicum e se farà essa stessa propria quell'esigenza di «omogeneità» tra i due sistemi elettorali auspicata dal Capo dello Stato. Nel Pd persiste la convinzione di una sentenza potenzialmente auto-applicativa e che quindi farà saltare il ballottaggio - tanto caro al segretario del Pd - ma non il premio di maggioranza del 55% qualora un partito superi il 40%. Se così fosse, e il Parlamento estendesse al Senato il sistema della Camera, il ritorno ad un sistema da prima Repubblica verrebbe scongiurato.
Rinunciare al ballottaggio, in favore di un sistema che permette di sventolare ancora la bandiera del partito a vocazione maggioritaria, non sarebbe un risultato del tutto negativo per Renzi che potrebbe tentare di estendere al Senato l'Italicum senza ballottaggio avendo come arma la possibilità di andare comunque alle urne con due sistemi di fatto simili anche se alla Camera la maggioranza sarebbe certa mentre al Senato il governo dovrebbe cercarsi i voti un po' come accade dal 2013. Per tornare al sistema proporzionale auspicato da Silvio Berlusconi e allungare sine die la legislatura servirebbe invece un intervento particolarmente invasivo della Consulta che potrebbe far saltare non solo il ballottaggio, ma anche il premio di maggioranza e le candidature plurime. Di fatto non ci sarebbe una legge elettorale per la Camera e ciò obbligherebbe il Pd di Renzi e il Ncd di Alfano ad una lunga trattativa con FI il cui scopo principale è allungare il più possibile la legislatura cercando un sistema elettorale proporzionale in vista di una coalizione Pd-FI da realizzare dopo il voto sempre che il M5S non faccia piatto.
La sentenza della Corte Costituzionale rischia di mandare in secondo piano il tentativo di reintroduzione del Mattarellum. Un sistema che piace a tutto il Pd, minoranza compresa, ma che non trova sponde in FI, unico partito pronto a trattare sulla legge elettorale. Sulla spalmatura dell'Italicum - seppur rivisto dalla Corte - sul Senato c'è chi nel Pd non esclude una mano proprio dal M5S. I grillini si sono tirati fuori da ogni trattativa, ma pur di ottenere subito le urne potrebbero non ostacolare l'applicazione a palazzo Madama del sistema elettorale che martedì uscirà dalla Consulta.

Di urne a giugno il segretario del Pd non parla più da tempo. Sostenere il governo Gentiloni sino alla primavera del prossimo anno per molti esponenti del Pd significa ripetere l'esperienza del 2013 che comprenderebbe - a sentire Bruxelles - anche una legge di Bilancio 2017 non certo light e con bonus, ma in grado di piombare le ali al partito. Ecco perchè da qualche tempo al Nazareno non si esclude il voto in autunno. Magari in contemporanea, o quasi, con le elezioni in Germania.
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Il Gazzettino