Istat: una impresa su due in difficoltà Cig utilizzata solo per il 40 per cento

Istat: una impresa su due in difficoltà Cig utilizzata solo per il 40 per cento
LA CRISIROMA Hanno galleggiato nel 2020, ma adesso dopo oltre un anno di pandemia e restrizioni, non hanno più fiato e rischiano seriamente di morire affogate. Sono quelle che...

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LA CRISI
ROMA Hanno galleggiato nel 2020, ma adesso dopo oltre un anno di pandemia e restrizioni, non hanno più fiato e rischiano seriamente di morire affogate. Sono quelle che l'Istat, nel rapporto sulla competitività, definisce le «imprese a rischio strutturale» e sono tante, tantissime: il 44,8% dell'intera platea delle aziende italiane. Praticamente quasi la metà. Con la loro morte sparirebbe anche il 20,6% dell'occupazione e il 6,9% del valore aggiunto.

E purtroppo non è che l'altra metà sia messa tanto meglio. Il 25% per l'Istat sono aziende fragili, ovvero non hanno «un rischio operativo immediato» ma sono comunque «particolarmente colpite dalla crisi». Insomma, sono le imprese che stanno affrontando l'agitatissimo mare del Covid su una scialuppa di salvataggio. Ma quanto ancora riusciranno a resistere?
Soltanto l'11% delle imprese italiane è veramente solido, la restante parte è definita resistente, ma non esente da «elementi di vulnerabilità». C'è di buono che l'11% resiliente rappresenta la quota più significativa in termini sia di occupazione (46,3%) sia di valore aggiunto (68,8%).
Il quadro però resta fortemente preoccupante. Le aziende a maggior rischio sopravvivenza, sono le piccole, tra i tre e i nove addetti. In questa fascia dimensionale la quota di imprese strutturalmente a rischio sale al 51,7%. Fa la differenza - e molto - anche la zona dove si opera. Nel Centro Sud resta tutto più difficile. Su «6 regioni il cui tessuto produttivo risulta ad alto rischio», cinque appartengono al Mezzogiorno, (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania e Sardegna) e una al Centro (Umbria).
E ovviamente influisce il settore: il terziario è il più colpito, in particolare tutte le attività legate al turismo, dalle agenzie di viaggio e di trasporto (a rischio il 73%) agli hotel e alla ristorazione, con picchi di rischio fallimento del 95%. Tra lockdown totali e parziali potrebbe non esserci più futuro nemmeno per la stragrande maggioranza di palestre, attività legate all'intrattenimento, e commercio al dettaglio. Nel comparto industriale risaltano le difficoltà della filiera della moda.
GLI AMMORTIZZATORI
Finora il sistema ha retto anche grazie a misure come il blocco dei licenziamenti e gi ammortizzatori sociali. A quest'ultimo proposito c'è una notizia inattesa dall'Inps: nel 2020 il tiraggio delle ore di cig autorizzate (ordinaria e in deroga) è stato pari al 40%. Il conto non comprende i Fondi di solidarietà. A influire sul tiraggio basso - lo evidenzia proprio l'Inps - sono le «procedure». La crisi si è sentita molto anche sul gettito contributivo all'Inps, pari a 225,5 miliardi: 11 miliardi in meno rispetto al 2019. Il saldo finanziario di competenza dell'istituto, secondo il pre-rendiconto, ha chiuso in negativo per 5,7 miliardi.

Giusy Franzese
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino